SIO LIBRO XXVIII, CVPO LX. con questo, ritornasse nemico della repubblica; diede ordine al suo ambasciatore, residente alla corte di Francia, di significare al re, ch’era del suo interesse e della sua gloria il non rinunziare ai suoi diritti sullo stato milanese; che una sola battaglia perduta non poteva avere indebolito sì fattamente le forze di un regno cotanto forte, com’è la Francia; che sarebbe vergogna per lei, se un pugno di svizzeri potesse menare il vanto di averla spogliata della sua più luminosa conquista ; che riposasse sicuro sullo zelo e sulla lealtà del senato, il quale poneva a sua disposizione e truppe e denaro ed era pronto a qualunque sacrifizio per la gloria di lui e per la difesa della causa comune. Luigi XII, sensibile a questa dimostrazione di affetto, rispose all’ ambasciatore veneziano, che i suoi sentimenti verso la repubblica di Venezia erano immutabili ; eh’ egli non perdeva di vista l’Italia; che sarebbe costantemente allealo ed amico dei veneziani, ma che non voleva essere loro di aggravio ; che se ne persuadessero anzi stargli a cuore egualmente gl’interessi suoi, siccome quelli di loro; che quando lo stato degli affari gli e lo avesse concesso, sarebbe ritornalo subito in Italia con tutte le sue forze a ricuperare tuHocio che avevano perduto. CAPO LX. / veneziani vogliono farsi amico il pontefice. * Ad onta di siffatte dichiarazioni, il senato ben conosceva, che il re di Francia non avrebbe potuto in quest’ anno far passare le sue truppe in Italia. Tuttavolta riputava un vantaggio non lieve, nel mezzo delle attuali sventure, l’essere in amicizia di una potenza sì forte e l’avere speranza di esserne soccorsi tostochè la vittoria 1’ avesse liberala dalle angustie dei suoi nemici. Per mantenersi adunque costante nell’ alleanza quel re, gli fece insinuare per mezzo dell’ ambasciatore di lui residente in Venezia, che sino al