172 LIBRO XXVIII, CAPO XLI. rispose, che nulla indurrebbelo a tradire il suo dovere. « Né io, » soggiunse il papa, potrò mai per veruna guisa risolvermi ad » accomodarmi col re di Francia, a costo benanche della tiara e » della vila. » Non posso qui lasciare inosservata la gratuita asserzione del Sismondi (1), i veneziani essere stati costretti di accondiscendere a quelle esorbitanti domande dell’ ambasciatore imperiale, ed avere offerto eglino stessi di pagare in varie rate a lunghi termini i dugento mila ducati. Donde abbia egli attinto questa notizia, contraria alle notizie che ci conservarono i registri autentici del senato, non saprei dirlo. Cerio è, che i veneziani, siccome ho narrato di sopra, non vollero accettare veruna proposizione e che la guerra continuò. CAPO XLI. Il papa perde Bologna. Ridotti a nulla tutti i maneggi del congresso.il Triulzio mosse l’esercito francese contro Bologna. Del che spaventato il pontefice, trasferì il suo soggiorno a Ravenna, lasciando alla difesa di Bologna il cardinale di Pavia, suo legato. I bolognesi, mal affetti al governo ecclesiastico, non vollero ricevere in città le truppe papali, che venivano per difenderla dai francesi : anzi fecero a pezzi una statua del papa Giulio, opera di Michelangelo. Allora il cardinale legato, preso di spavento, fuggì. I cittadini stessi, uniti ai villani, assaltarono le genti pontificie, le ruppero e le misero in fuga ; cosicché, se il Triulzio avesse voluto, sarebbe andato senza verun ostacolo sino ad Imola: i cittadini anzi gli e ne mandavano le chiavi. Ma non potè proseguire il suo cammino, perché un ordine frettoloso del re Io costrinse a far sosta ai confini dello stato ecclesiastico. (1-) Stor. delle repubb. italiane, lom. XIV, pag. 99.