ANNO 1498. 197 prendessero tanta parte negli affari di Pisa, la quale era città feudataria dell’ impero: ed a Massimiliano similmente, siccome a tutti gli altri, rispose il senato, che la repubblica aveva impegnato le sue promesse in favore dei pisani, e che non era nè giustizia nè decoro suo il violarle. L’animosità dei veneziani e del duca di Milano era giunta a segna da far temere un' assoluta rottura. Affettavano a vicenda di provocarsi con preparativi di guerra e con movimenti di truppe non ordinarli: ma non era giunto per anco il momento di abbandonarsi al loro scambievole livore, cui contentavansi di manifestare colla parzialità in questa guerra. I fiorentini avevano preso al loro servizio il valente capitano romano Paolo Vitelli : i veneziani avevano chiamalo al comando delle loro truppe il duca di Urbino ed il Baglione di Perugia. Si azzuffarono più volte i due partili nei dintorni di Pisa e vi avevano avuto, ognuno alla sua volta, vicendevoli vantaggi. Ma Paolo Vitelli aveva un corpo di truppe assai più grosso dell’ esercito dei pisani ; e il duca di Urbino non aveva potuto avvicinarsi colle sue genti a Pisa, perchè il comune di Siena, guadagnato dalle istigazioni dello Sforza, non avevagli permesso il passaggio sul suo territorio. Pisa perciò si trovava in grande pericolo a cagione di siffatto ritardo; e benché si sperasse, che i senesi cederebbero alfine alle ripetute istanze dei veneziani, la speranza ne rimase delusa, perchè queglino si accordarono coi fiorentini e ricusarono costantemente il chiesto passaggio. Fu costretto perciò il duca di Urbino, a cui s’ erano unite in frattanto anche le genti del Baglione di Perugia, a retrocedere nella Bo-magna ed a cercarsi altra via per giungere a Pisa. CAPO VII. Si tratta di pace. 1 fiorentini, stanchi ed esausti nel loro erario a cagione di si lunga guerra, incominciarono a sospettare, che i veueziani altresì