ANNO 1512. 495 Gli slessi francesi, per fomentare la disunione tra i confederali, avevano concertato di consegnare le città e le fortezze, in caso di non poterle conservare, in opposizione agl’ interessi e alle pretensioni di chi aspirava a possederle. Era anzi questo un comando imposto dal Palissa ai varii governatori di esse, « a fine, dice il » Guicciardini, di nutrire la discordia tra Cesare e i veneziani. » Ed infatti, benché i veneziani avessero sottomesso Valeggio ed Asola, e benché cogli altri alleati avessero combattuto contro Le-gnago e Peschiera, fortezze di loro proprietà, ed assolutamente necessarie per la difesa delle loro frontiere ; tultavolta i comandanti di esse ebbero l’astuzia di consegnarle agli agenti dell’imperatore. Ed egualmente il d’Aubigni, che comandava in Brescia, non la volle rendere che al viceré di Napoli. CAPO LI. Lamenti dei veneziani : maneggi in Roma. Quando il senato si vide così deluso nelle sue migliori speranze, invocò la protezione del papa, ricordandogli, che nelle prime conferenze per la conclusione della lega era stato concertalo, che le città, le quali erano in mano dei veneziani prima della guerra, sarebbero state ad essi restituite. Giulio II scrisse agli svizzeri ed al viceré di Napoli, raccomandando loro di rendere ai veneziani la giustizia, che domandavano e che ben era dovuta ai loro servigi: ma la raccomandazione di lui non riuscì di verun effetto. Per temperarne alquanto il dolore, Giulio II fece intendere al senato, che il vescovo di Gurck sarebbe andato certamente a Roma per trattare di queste cose in nome dell’imperatore, e che con esso avrebbe concertato gli affari in maniera da rendere contenti lutti gli alleati. Dal senato allora fu nominato Pietro Landò, perchè andasse » Mediolani, liberami! Brixiam obsidione « in mullis et prosequcrenlur eos usque «Venctorum, adorirentur Venetos, qui » ad paludes et excluderent eos ex conli-” nonadimpleveruulnec servabanttreuges » nenti. »