anno 1509. 377 allribuivanla a debolezza di lui, ed accusavanlo d’infedeltà ai patii della lega. I sei intanto della repubblica, per la via di Ancona, erano in viaggio verso Roma. E quando il papa ebbe avviso, che stavano per arrivarvi ; sia che si fosse lasciato sorprendere dai maneggi dei ministri delle due corti francese e tedesca, ovvero che più non avesse timore del re Luigi XII, perciocché s’ era già ritirato colle sue truppe di là dei monti, e quindi che non gli stesse più a cuore gran fatto il rendersi amici i veneziani; fece intendere ad essi, che non dovessero entrare in Roma se non di notte, e che non si recassero in verun luogo per assistere ai divini uffizii, se prima non si fossero presentali a lui. E dopo che furono eglino in Roma, prolungò loro di giorno in giorno il momento di essere ammessi all’ udienza : incerto e dubbioso tra le continue istanze e dei ministri della corte di Francia e della imperiale, e le sollecitazioni incalzanti del cardinale cboracese, spedito a Roma dal re d’Inghilterra Enrico Vili, per favorire le ragioni della repubblica di Venezia. In capo ad alquanti giorni, il papa fece venire a sé Gerolamo Donato, uno degli ambasciatori, ed a lui dichiarò, che prima di assolvere la repubblica dalle censure, voleva adempiti intieramente i patti della lega fatta in Cambrai. Perciò le imponeva, siccome condizione dell’ assoluzione, che essa repubblica cedesse all’ imperatore la città di Trevigi ; che riuunziass.e all’ antico diritto di avere in Ferrara un suo visdomino ; che abolisse ia gabella imposta su tutti i legni, che navigano nell’ Adriatico ; che lasci al papa la libera collazione di tutti i benefizii ecclesiastici del veneto dominio ; che non esiga sopra di questi veruna decima ; che si accusi colpevole dinanzi al pontefice, e gli e ne chieda il perdono. Ove a luttociò non acconsentisse ella, egli stringerebbe vieppiù 1’ alleanza col re Luigi XII e coll’ imperatore Massimiliano. Gerolamo Donato narrò subito ai suoi colleghi le pretensioni del papa ; ed eglino, senza perdere un istante di tempo, ne diedero la notizia al senato. Furono esse udite col più vivo sdegno, vol. vii. ^8