ANNO 1510. 155 il cardinale, personale nemico del papa Giulio II, aveva sempre cercato il peggio contro di lui e ne aveva fomentato i dissapori col re, per impedirne mai sempre qualunque riconciliazione. Cer- io n’ era tolto un gravissimo ostacolo : tuttavolla gli affari procedettero sul medesimo piede, anche dopo la morie di lui. Egli era morto il di 25 maggio 1510; ricco, secondochè attesta il Bembo suo confratello, sino a lasciare in soli legali 3000 libbre d’ oro (I), eh’ equivalevano a 300,000 ducati, ossia un milione e dugenlo mila franchi all’ incirca. Ho voluto notare questa particolarità, per non lasciare inosservato uno sbaglio del Darù, il quale, portando la testimonianza del Bembo, narra, « che i le-» gali nel testamento montavano a sei mila marchi d’ oro, cioè a » venticinque milioni circa di franchi (2). » Del resto, aveva egli potuto raccogliere tante dovizie nei dieci anni di uffizio di cardinale legato de latere, in cui, olire al compenso passatogli da Roma, godeva le tasse delle dispense eh’ egli concedeva in nome del papa ; ed inoltre percepiva una provvisione annua di cinquantamila ducati pagatigli dai principi italiani all’insaputa del re. Lo seppe il re quando egli stesso ne fece la confessione ingenua in punto di morie. Al quale proposito così racconta il Paulmy (3): « Spirò a Lione il 15 maggio 1510. Quattro giorni » prima, Luigi XII essendo ito a trovarlo, Ambousa, in molte la-» grime prorompendo, fece al re la sua confessione generale e » ministeriale. Confessò, che lasciava beni assai, acquistati per via • che forte gli e ne doleva; affermando, che sui sudditi del re nulla » aveva tolto, convenne, che da gran tempo riceveva provvisione » di 50,000 ducati da vari principi erepubbliche dell’Italia, e • 30,000 solamente dai fiorentini ; olire a ciò, ricevuti di ricchi » donativi ed ammassale di grosse sostanze; quindi pregavalo gli » permettesse di poterne disporre. Il dabben re aderì a più ch’egli » non voleva. Usò di quella libertà nel suo testamento, il primo (i) Bembo, lib. X. (3) Nel suo scritto intitolato: Ozii di un (a) Darù, lib XX11I, § III. ministro di stato.