174 LIBRO XXVI, CAPO XXI. Trovatisi così a fronte i due eserciti, l’ambasciatore Comines mandò un trombetta ad annunziare ai provveditori veneziani, che il re non aveva contro di loro verun disegno ostile ; eh’ egli voleva ritornare pacificamente in Francia; eh’ era interesse comune il prevenire con un prudente accordo le conseguenze funeste di una battaglia. Ma nel mentre ciò si trattava, un tiro di cannone dal campo francese fu diretto contro un distaccamento dei confederati, che s’era inoltrato alquanto per scaramucciare. Perciò i provveditori rimandarono il trombetta francese in compagnia di uno dei loro, perchè dichiarasse al Comines: non doversi trattare di riconciliazione e di patti nell’ atto di provocare alla zuffa col fuoco delle artiglierie. Si astennero perciò i francesi dal ripeterne i colpi, e i due trombetti invece furono rimandati al campo degli alleati, colla speranza di un sollecito accordo. Si tenne tosto un nuovo consiglio di guerra, per deliberare sulla risposta da darsi al re: ma il conte di Cajazzo, che aveva gli ordini secreti del duca di Milano e che conosceva di quanto vantaggio sarebbe stata al suo padrone la sconfitta dell’ esercito francese, la quale già parevagli certissima, ricusò fermamente qualunque progetto di riconciliazione, siccome un tratto di viltà, avuto riguardo alle circostanze attuali. Secondò e sostenne l’opinione di lui anche il marchese di Mantova; il quale con energia ancor più vigorosa tacciò di pusillanimità il consiglio dei provveditori veneziani. Allora una scarica di artiglieria fu la risposta, che diedero gli alleali alle proposizioni dei francesi: e questa fu il segnale della battaglia, la quale fu ferocissima, sanguinosissima. Non durò più di un’ora: ma vi perirono mille cinquecento soldati dell’ esercito italiano, tra cui Rodolfo Gonzaga, zio del generale Francesco, e Ranuccio Farnese, clTera al soldo dei veneziani. Ad un migliajo ascese il numero dei morti dalla parte dei francesi; molti altresì ne caddero prigionieri. Nel che è degno di considerazione, che neppur uno degl’ italiani rimase prigioniero in mano dei nemici.