154	LIBRO XXVI, CAPO XIII.
amico del re Ferdirando, avrebbe dato motivo di molestie alla pontificia sovranità temporale ogni qual volta fossero entrati in collisione i due principi confinanti.
    Lodovico Sforza seppe colla sua destrezza trarre occasione <V inasprire Alessandro contro Ferdinando. Esagerò le conseguenze di questo contegno, e gl* inspirò nell" animo il progetto di concertare una nuova lega da contrapporre a quella del re di Napoli e del capo della repubblica fiorentina. Lo Sforza aveva un fratello cardinale, il quale godeva mollissima riputazione presso la corte del nuovo papa : di lui si valeva per suggerire ad esso i suoi sentimenti. Ascanio, che tal n’ era il nome, parlava frequentemente di ciò e con calore ad Alessandro, a cui non dispiacevano punto cotesti suggerimenti. Ferdinando d’altronde aveva dalo apparentemente una soddisfazione al papa, esortando pubblicamente Virginio Orsini a sciogliere il contralto stipulato con Francesco Cibo, mentre in secreto lo consigliava a tenerlo fermo. Inoltre Alessandro progettava il matrimonio di uno de’ suoi figliuoli con una figlia naturale di Ferdinando, la quale avrebbe avuto in dote un principato del regno di Napoli. Tullociò teneva nell’ambiguità lo spirito di lui circa il progetto di questa lega.
    Lodovico Sforza tentò altresì di slaccare Pietro de’ Medici dalla sua particolare unione col re di Napoli ; ma non vi riuscì, perchè l’impegno assunto era troppo stretto e solenne. Allora egli rivolse i suoi pensieri sopra la repubblica di Venezia, la quale, adonta dell’odio suo contro il re Ferdinando, e del suo interesse A non lasciarne dominare Io spirilo negli stali milanesi, a lei contigui cotanto, diffidava assai delle intenzioni di Alessandro e non sapeva perciò risolversi ad aderire alia proposta lega.
    Ma finalmente, allorché il cardinale Ascanio ebbe chiaramente dimostralo al pontefice il poco conio, che far doveva delle fallaci ed insidiose promesse di Ferdinando ; ed ebbelo persuaso, che una lega tra la santa sede, i veneziani e il duca di Milano era il solo argine, che potesse far fronte agl’ indegni allentali della corte