L’ora suprema 369 le clausole dell’armistizio e le deliberazioni parigine degli Alleati fortunatamente prese prima che si sapesse della cessione della flotta allo Stato jugoslavo. Quando Cagni ebbe finito, Cirillo Metodio Koch ripetè la platonica protesta già fatta a Ciano e a Foschini, avvertendo che la flotta apparteneva ormai al nuovo Stato il quale non aveva a che fate con l’Austria, anzi era amico degli Alleati. Cagni replicò con tagliente cortesia che avrebbe comunque eseguiti gli ordini ricevuti, anzi lo invitò formalmente ad iniziare fin dall’indomani la progressiva consegna dei forti, dell’arsenale e delle navi. Dato il tono perentorio Koch senti mancarsi il terreno e pregò il contraddittore di attendere almeno l’arrivo imminente dell’ammiraglio Prica, suo ministro. Forse sperava che in due avrebbero ottenuto di più, o che nel frattempo capitasse qualche fatto nuovo a modificare la situazione: per esempio un intervento francese ai nostri danni. Ma Cagni intuiva quella speranza, sentiva il pericolo, ed insistè per l’esecuzione immediata, tagliò corto col dire che lui, soldato, non aveva facoltà discrezionali, ma solo un categorico compito esecutivo. Per specialissimo riguardo consentiva tuttavia a graduare l’applicazione degli ordini onde non provocare sommosse dato il marasma in cui si trovava la piazza. Appena Koch ebbe esaurito i suoi argomenti di protesta, senza dargli fiato Cagni passò ad altra questione che gli premeva di risolvere subito, ossia l’immediata liberazione di Rossetti e Paolucci. Il colloquio tornò concitato perché Koch tentò di temporeggiare con cavilli d’ogni specie. Ma Cagni, ormai stanco, gli piantò gli occhi negli occhi dicendo che la Jugoslavia sedicente alleata non poteva nemmeno pensare di trattenere due ufficiali che avevano combattuto contro l’Austria. Sarebbe stato un sequestro arbitrario, intollerabile. Poi, con voce fatta più dura e scandita, concluse: « Sarebbe come se io, in questo momento, volessi trattenere qui prigioniero lei, signor ammiraglio ». Koch comprese l’allusione minacciosa, cedette e scrisse un ordine di liberazione col quale un nostro ufficiale andò a prelevare i colleghi dalla “Habsburg”. Quando Paolucci e Rossetti arrivarono festeggiati sulla “Saint Bon” incrociarono Koch che se ne tornava mogio all’ammiragliato. M-