1^58 LIBRO XXVIII, CAPO XXVII. Ma le soverchie vessazioni, che ne soffrivano i cittadini ; perciocché, non pagate dal loro principe, cercavano sussidii a forza nella popolazione ; indussero alcuni de’ primarii veronesi ad entrare occultamente in intelligenze colle truppe veneziane, acciocché venissero ad occupare la città. Partironsi queste perciò in buon numero dal campo di san Bonifazio, e vi entrarono di notte per la porta di san Giorgio, donde poi scalare le mura di castello san Piero, ove stava raccolto il presidio tedesco. La qual porta di san Giorgio era stata loro aperta da Benedetto Pellegrini, nobile di quella città devotissimo alla repubblica (1). Ma nel mentre che occupavansi a congiungere le scale, perché separate non ascendevano all'altezza delle mura; o sentiti da quelli che custodivano il castello di san Felice, o parendo loro vanamente di udire rumore, impauriti, lasciarono le scale, abbandonarono l’impresa, e ritornarono a san Bonifazio; ben intendendo, che non potevano conservare la città senza essere padroni dei forti. Alcuni giorni dipoi, il presidio tedesco immaginò uno stratagemma, per venire a conoscere tra gli abitanti i colpevoli di quella congiura e gli aderenti al partito dei veneziani. Una truppa di loro, nel mezzo della notte, corse in tumulto per la città, comandando la marcia all’ italiana e gridando Viva san Marco ! Molti cittadini caddero nella rete, e risposero dalle finestre con grida di allegrezza ed imprecando maledizioni ai tedeschi. Ciò fu bastevole perché potessero essere notate le case di quegli imprudenti ; non si fece allora nessun movimento, per non suscitare disordini gravi : ma, spuntalo appena il giorno, quelle case furono saccheggiate, e gli abitanti ne furono posli al riscatto, quasi perchè sorpresi nel servizio dei nemici. (i) Bembo, lib. X; Mocenigo, lìb. II ; Giustiniano, lib. XI; Guicciardini, lib. IX.