282 LIBRO XXVII, Cdi>0 XXXIV. Giulio dichiarò di non voler lasciare ai veneziani neppure una lorre in Romagna: anzi cominciò allora ad estendere le sue pretensioni anche sopra le città di Ravenna e di Cervia. CAPO XXXIV. Sospetti del papa verso il re di Francia. Per questo motivo il pontefice adoperavasi a tutto suo potere onde far cessare intieramente qualunque apparenza persino di alleanza tra il re Luigi XII e la repubblica; quand’ecco una nuova rivoluzione scoppiata in Genova staccò 1’ animo di Giulio dalla fiducia, che aveva verso i francesi, e fece sì, che rivoltasse anzi contro di loro quell’ avversità, che nutriva da prima contro i veneziani. Il governo di Genova, benché il re di Francia ne avesse la suprema sovranità, era posto per la maggior parte in mano del popolo ; non per altro in modo, che i popolani non fossero di frequente offesi ed insultati dai nobili. Per cagione di siffatti insulti, la plebe s’ era levata a tumulto contro la nobiltà: dall’ una e dal-1’ altra parte erano state portate le querele al re Luigi XII, ed il re aveva cercato di calmare colla moderazione cotesti tumulti, senza far uso di forza. Perciò 1’ audacia del volgo era cresciuta sempre più, sicché Luigi XII stimò necessario, per T onor suo e per lo decoro della sua corona, di dar mano alle armi, e ridurre con esse a migliore contegno quel popolo irrequieto. Il papa Giulio li, il quale più volte s’ era intromesso negli affari di Genova, era lutto propenso a favore del popolo : perciò, quando seppe le mosse del re in difesa dei nobili, se ne sdegnò gravemente così, che ruppe il concerto di aspettare a Bologna il re, e pubblicò invece la sua risoluzione di ritornarsene a Roma. Giulio sospettò inoltre, che questa spedizione di Luigi XII contro Genova, tendesse all’esecuzione di più vasti disegni sopra l’Italia: e questo