160 LIBRO XXVI, CAPO XV. CAPO XV. I veneziani si astengono da qualunque impegno col re di Francia. La proiezione, che Carlo re di Francia calcolava immanchevole nel duca di Milano per la sicurezza della sua flotta in Genova e per lo passaggio delle sue (ruppe in Lombardia, parevagli quasi certa anche dal lato dei veneziani, a cagione dell’ odio, che sapeva nutrirsi in loro contro Ferdinando di Napoli ; tuttavolta ne dubitava alcun poco. Per accertarsene, inviò un ambasciatore al senato ad indagarne lo disposizioni: 1’ ambasciatore fu Perron de Bascì, gentiluomo italiano eh’ era stato impiegato da Giovanni di Angiò, figlio di Renalo, re di Sicilia, e ch’era poi rimasto aderente al servigio della Francia. Bastavagii di sapere se la repubblica di Venezia avesse voluto prender parte alle vicine turbolenze, od almeno avesse continuato a serbare la buona amicizia colla corona di Francia. Alla quale investigazione fu risposlo, d' ordine pubblico, al-l’ ambasciatore regio : — essere istituto radicato della repubblica il preferire la pace alla guerra ; che per tale oggetto il senato desiderava quiete alla Francia egualmente come a tutti i potentati d’ Italia ; ma che se fosse ferma deliberazione del re il portar le armi in Italia, la repubblica sarebbe stata sempre coerente a sé stessa, continuando nell’amicizia colla corona di Francia: di nulla per altro impegnavasi, quanto all’assumervi parte adiva, perchè il timore, che si aveva dei turchi, la consigliava a mantenere raccolte le proprie forze. Sconforiato per tali risposte 1’ ambasciatore di Francia, proseguì il viaggio per compiere la sua missione in Roma e in Firenze, ove similmente non trovò che parole ambigue e sentimenti indecisi ; perciocché nè Alessandro VI nè Pietro de’ Medici