198 LIBRO XXVII, CAPO VÌI. ne fossero stanchi : tuttavolta non ne avevano verun indizio di cerlezza. Diedero corpo a questo loro sospetto, e vi aggiunsero la conghiellura, che in vista della grandezza e dignità della repubblica non fosse stato conveniente 1’ entrare di primo slancio a trattative di pace; bensì che ne sarebbe ella propensa, ove a queste colla dovuta delicatezza si fosse venuti. Penetrali di queste idee, deliberarono di mandare ambasciatori a Venezia, che ne intraprendessero il maneggio. Vi mandarono adunque Antonio Vespuc-ci e Bernardo Ruccellai, cospicui tra i primarii cittadini di Firenze. Questi, giunti in Venezia, furono presentati onorevolmente al Collegio: dinanzi al quale esposero — « che non avendo in verun tempo la loro repubblica demeritato in faccia ai veneziani, confidava nella decantata giustizia del senato, che non opporrebbesi al possesso legittimo, ch’eglino da tanto tempo vantavano, della città di Pisa ; tanto più, che a merito della repubblica di Venezia avrebbesi ad attribuire la continuazione della pace in Italia. » — Alle quali dichiarazioni rispose il doge « — non essere stata intrapresa la guerra per molestare la comunità di Firenze, di cui al presente non aveva la repubblica di Venezia verun motivo di lagnanza ; ma unicamente per secondare le intenzioni degli altri principi della lega, i quali volevano l'Italia in pace; al che non cooperavano i fiorentini col voler preferire e proteggere il partito dei francesi; che se gli altri principi eransi dimenticati degli impegni contratti, a costo de' pericoli e de’ dispendii, la repubblica di Venezia era costante nella fede data ; tuttavolta, per far conoscere la rettitudine delle sue intenzioni, era pronta a dar mano a progetti di accomodamento, da cui, salvo il pubblico decoro e la libertà dei pisani, fosse a tutti manifestato sino all’evidenza, non essersi già indotta a prendere le armi per ansietà di dominare, ma per mantenere lealmente l’assunto impegno. » — Nessuna delle parti voleva proporre condizioni. Perciò 1' ambasciatore spagnuolo suggeriva « —clic potrebbonsi restituire i pisani sotto il dominio dei fiorentini, non come sudditi, ma come