anno 1508. 505 di dare alle sue truppe maggiore stipendio di quello che avessero potuto dare alle loro gli altri principi dell’Europa, e di darlo con migliore pontualità. Perciò al servizio di lei accorrevano i condottieri più rinomati e più valorosi di ogni età. La sua cavalleria leggiera, composta di albanesi e di altri popoli della Grecia, era tanto più famosa, quanto faceva la guerra in una maniera affatto nuova e tutto propria di essa, per cui la si rendeva straordinariamente formidabile. E finalmente, T artiglieria era la più perfezionata, le compagnie degli uomini d’ arme erano le migliori, che vi fossero in Italia. Venezia, costituita in uno stalo sì florido, credeva giustamente di non dover punto temere de’ suoi nemici vicini. Nella recente guerra del Tirolo e del Friuli, vincitrice nel primo scontro sopra un nemico, il quale non era più in grado di metiere insieme una seconda armata, riposava tranquilla nella sua domestica sicurezza. Nessuno dei principi confinami ad essa; i quali erano il papa, l’imperatore, il re Luigi XII e Ferdinando re di Aragona; avrebbe potuto in particolare muoverle guerra con isperanza di felice successo; perchè le forze di ciascheduno di loro erano di gran lunga inferiori a quelle di lei. Ned era d’ altronde cosa da poter cadere in mente a qualsiasi sensato politico, che collegati si unissero a minacciarla, perchè gl’ interessi particolari di ognuno erano in assoluta contraddizione, e 1’ odio che gli uni agli altri si portavano ne rendeva impossibile 1’ esecuzione. Al quale proposito così scriveva il Paruta (1): « Rilrovavasi » la repubblica avanti questo infelice avvenimento in istato non » pur di molta prosperità per le cose felicemente successele nel-» 1 ultima guerra contro Massimiliano imperatore, ma ancora » come stimava di molta sicurtà, essendo congiunta in lega et ami-» citia col potentissimo regno di Francia; quando ecco improvi-» sámente intese haver congiurato contra di sé quasi lutti i principi (i) Paolo Paruta, Discorsi politici, disc. III. vol. va. 59