454 LIBRO XXVIII, CAP. XXXV. la riperdesse, ebbe a durare grande fatica a fermare gli animi loro, acciocché non facessero ancor di peggio ; e videsi costretto a pagar loro nove mila ducali per lo stipendio presente, ed a prometterne loro altrettanti pel mese venturo. Ed a questo discapito un altro ne susseguì e più funesto e più grave. Il capitano la Grotta, cui Ciamonte aveva lasciato governatore militare iu Legnago, avendo inteso, che i veneziani s’erano ritirati in Padova, riputò occasione opportuna per poter muovere le sue genti a saccheggiare la terra di Montagnana. Vi si recò pertanto con tutte le lancie, che aveva in Legnago, e con quattro-cento fanti. Dalla quale scorreria si difesero animosamente i popolani; e nel mentre che quei soldati stavano sparpagliati al bottino, sopravvenne un grosso corpo di cavalleggieri veneziani, i quali senza grave difficoltà fecero man bassa sui saccheggiatori : nè poterono questi avere luogo a salvarsi neppur colla fuga, perchè un ponte da loro stessi tagliato, ne aveva tolto loro ogni via. Narra il Buonacorsi, che « dei franzesi non si salvò altro che un paggio, e » che i veneziani, prese le insegne degl' inimici morti, andarono » verso Lignago, ma scoperti, non poterono prenderlo. • Del quale racconto sia la fede presso il Buonacorsi, che fu il solo a narrarlo: nessuno degli storici veneziani ha fatto menzione di uno stratagemma sì bello. Ciamonte bensì, tostoché n’ebbe notizia, mandò nuove truppe a presidiarne la terra. CAPO XXXV. Morte del cardinale arcivescovo di Roano. In mezzo a questi avvenimenti era accaduta la morte del cardinale d’ Ambousa, zio di Ciamonte, e primo ministro di stato del re Luigi XII; per lo che pareva, che la politica della Francia verso la corte di Roma avesse dovuto pigliare un differente cammino. Nè la conghieltura poteva dirsi irragionevole, sapendosi, che