anno 1499. 209 puossi perciò consultare facilmente da chicchessia. In essa adunque è narrato il fatto cosi (I): « Addì 10 settembre Melchiorre » Trivisano e Marcantonio Morosini il cavaliere, provveditori, en-» trarono pacificamente nella città di Cremona e ne presero il do-» minio. Con loro entrarono il conte di Pitigliano governatore » generale del campo e T oratore francese, per sollecitare che an-» dassero avanti e non dimorassero. Incontra ai quali provveditori » e compagni con molte genti d’arme benissimo in punto, vennero » tulli i primi gentiluomini, dottori e cavalieri di quella citlà, con » grandissima quantità di persone e di popolo e con grande dimo-» strazione di letizia. Alla porta trovarono il diacono con tutta la » chiesa, che con grande dimostrazione condusse i provveditori » alla chiesa cattedrale solto un’ ombrella portata da cavalieri e » dottori, e giunti alla chiesa fecero la dovuta orazione all’ altare » maggiore. Poi i provveditori andarono a palazzo dove furono » loro consegnate le chiavi e furono fatte le debite parole al popolo » per confermarlo nella buona volontà verso il dominio veneto. » Dal quale racconto, è palese quanto sia stata volonterosa e spontanea la soggezione dei cremonesi al dominio della repubblica. Anzi, proseguendo più innanzi il cronista coi suoi racconti, ci fa conoscere palesemente in più luoghi, che il popolo di Milano e quello di Cremona non abborrivuno già l'impero dei veneziani, come afferma il Darù, ma bensì quello dei francesi, a cagione delle enormi violenze e degli orrori, che vi commettevano. Odasi a tale proposito il suddetto cronista (2) : « Quante violenze, stupri e danni » facessero in Milano i francesi contra i ribelli e traditori (5) non » è possibile il poterlo giudicare. Prendevano le donne, le figliuole » e cavavano persino le monache dai mooasteri per violarle per » dispetto. Entravano nelle case de’ cittadini per forza, e caccian-» doneli vi rimanevano padroni, e dormivano con le consorti loro (|) Col. 108. iniquità s’erano alienati dalla primiera (2) Luog. cit., col. i56. affezione alla causa del re. (3) Cioè, contro quelli che per la loro VOL. VII. 27