296 LIBRO XXVII, CAPO XXXVII. l’imperatore; se ne lagnò coll’ambasciatore Vincenzo Quirini, che risiedeva presso la sua corte, ne giurò solenne vendetta, ed impose al medesimo di partire subitamente dagli stati suoi. L’unica speranza, che gli restava, dopo il rifiuto dei veneziani, era che due principi d’Italia ed il papa stesso gli darebbero ajuto; tanto più che gli e Io avevano promesso. Ma quando videro, che i veneziani non gli erano favorevoli, se ne sottrassero anch’ essi sotto differenti pretesti. Indarno Massimiliano tentò allora di persuadere al pontefice, che l’unico scopo di questa guerra sarebbe stato di far restituire il ducato di Milano ad uno dei figliuoli di Lodovico Sforza; che le sue truppe non passerebbero il Po ; e eh’ egli poscia sarebbesi recato a Roma col suo consueto corteggio, per ricevere da lui la corona imperiale. Giulio II stette fermo nella sua risoluzione di non volersi impegnare con questo principe, ma di aspettare piuttosto, da buon politico, che lo sviluppo di tanti maneggi gli facesse conoscere a qual partito fosse più conveniente il piegarsi. Massimiliano, irritalo sempre più, condusse truppe nel territorio di Trento e nel Friuli, risoluto di oltrepassare le frontiere della repubblica ed invaderne ostilmente gli stali. In Trento, dopo solenne processione, fece pubblicare dal suo secretarlo Matteo Longo, che fu di poi vescovo di Gurch, essere sua determinazione di portare la guerra in Italia. Appena il senato n’ ebbe notizia, oppose ai due eserciti tedeschi Bartolomeo de’Alviani nel Friuli con oltocento uomini d’ arme, tutti francesi ; ed il conte di Piti-gliano verso il trentino, con quattrocento uomini d’ arme ed un grosso corpo d’infanteria. Gian-Giacomo Trivulzio marciò alla volta di Verona con cinquecento francesi e cinquemila fanti, per essere pronto ad assistenza dei veneziani in caso di attacco. Le truppe della repubblica furono distribuite alla custodia di tulti i passaggi, pei quali supponevasi, che i tedeschi avrebbero potuto penetrare; ed il senato diede ordine ai provveditori di non impiegare le armi se non a difesa.