anno i486. 421 e quindi, anziché offendersene, scrisse al doge per manifestargli l'infelice situazione, in cui trovavasi, e per supplicarlo a non negargli la permissione di trarre dal clero veneziano un soccorso pe’ suoi bisogni. Prontissimo allora il senato acconsentì per le istanze del papa a ciò, che per l’arbitraria ordinazione del nunzio aveva proibito. Non fu poi grave il tributo imposto in questa circostanza al clero ; perché, accomodale le cose col re di Napoli, non ebbe più bisogno il pontefice di valersene. Al proposito di queste differenze dei veneziani colla corte di Roma, fa notare il Laugier: « Si trovano di frequente nella storia » dei veneziani simili tratti di costanza a fronte della corte di Ro-» ma. E dovere dello storico il fargli osservare, perchè si sappia, » che nei secoli meno spregiudicati vi è stata una nazione esente » dalli pregiudizj, che confondono i limiti delle due potestà ; ed » acciò il suo esempio serva di lezione a tutti i sovrani. » CAPO XXXVI. Muore il doge Marco Barbarigo; gli succede suo fratello Agostino. Brevissimo, come dissi di sopra, fu il dogato di Marco Rar-barigo, il cui governo avrebbe dovuto essere di più lunga durala per 1’ utilità che alla repubblica ne derivò. A suo merito infatti deve ascriversi principalmente la ripristinata sanità ; perciocché colle sue saggie cautele giunse ad arrestare il corso della desola-trice pestilenza, che da più mesi infieriva su Venezia. La morte di lui viene attribuita comunemente a soverchia collera, da cui fu preso contro suo fratello Agostino, nel mentre che ragionava pubblicamente in Consiglio. Marco infatti, ogni qual volta o proponeva o trattava affari nelle magistrature, trovava sempre suo contradditore accanito il suddetto fratello, il quale, senza verun riguardo nè alla dignità del luogo nè al grado del doge, palesemente manifestava a tutti la più riprovevole rivalità contro vol. vii. 16