280 LIBRO XXT1I, CAPO XXXiV. ad essi le provincie lombarde, che un tempo avevano appartenuto al ducato di Milano. Massimiliano non poteva perdonar loro la lega, che avevano conchiuso coi francesi, per invadere il ducato milanese, feudo secondo lui dell’impero: ed inoltre avrebbe voluto spogliarli degli stali, che avevano conquistato contro i principi della casa d’ Austria, e di quelli altresì che dipendevano un tempo dal-l’Alemagna ed ora appartenevano ad essi. 1 maneggi degl’ inviati pontifizii ottennero il loro effetto, sicché fu conchiusa a Blois, il giorno 23 settembre ^llo stesso anno i50ft, una triplice lega ira gl’ indicati principi, per interesse comune. Lo scopo della lega si riduceva alla divisione delle provincie, di cui intendevano di spogliare la repubblica : sicché il papa avrebbe avuto Ravenna, Cervia, Faenza, Imola, Rimini, Cesena e i loro territorii ; l’imperatore avrebbe ricuperalo il veronese, il vicentino, il padovano, il Irivigiano e il Friuli; il re di Francia sarebbe divenuto padrone del bresciano, del cremonese, del bergamasco e di tutta la Gera d’ Adda. Furono invitati a concorrere al trattato ed a sottoscriverlo il re di Ungheria, il duca di Ferrara, il marchese di Mantova, e la repubblica di Firenze, ed a ciascuno era anche promesso il relativo compenso. Nulla sapevasi in Venezia di tutte queste convenzioni. Massimiliano, per tenere a bada il senato, gli spedì due ambasciatori, i quali con tranquillità e moderazione gli ponessero sottocchio, che conveniva soddisfare il papa sul proposito di Rimini e di Faenza; ch’era dovere dell’ imperatore il proteggere la chiesa Romana ed il papa; che se la repubblica trovava difficoltà in restituire queste due piazze, poteva rimettere la cosa nelle mani di un giudice arbitro, che in tal caso 1‘ imperatore stesso esibivasi a pronunziarne la decisione con equità e salvando gli scambievoli interessi. Alle quali insinuazioni rispondeva il doge, giustificando lungamente i diritti della repubblica sopra quelle città, conquistate da essa con le armi contro chi le possedeva in piena ed assolula sovranità, e dichiarando, non essere da supporsi, eli’ essa volesse acconsentire