anno 1496. 183 di lei e tanta avversione invece contro il duca di Milano, il quale s’era mostrato con loro tutt’altro che prodigo di assistenza, ch’eglino sollecitamente, prima di correre al rischio di rimaner soggetti al dominio di lui, deputarono apposito ambasciatore al senato, per supplicare, che fosse loro concesso d’inalberare il vessillo di san Marco, in attestato solenne della loro riconoscenza. Ma il senato, ringraziandoli ed encomiandoli, rispose loro, per mezzo di quello stesso ambasciatore, che riserbassero a più opportuna occasione i loro onorevoli sentimenti. In frattanto fece passare in Pisa molta copia di grani a sollievo del popolo, e spinse nei vicini mari sei galere, per togliere ai fiorentini la comodità di provigio-nare il loro campo, col farvi tradurre, siccome prima, le munizioni e le vettovaglie. 11 disegno intanto dell’ infedele Sforza era di mostrarsi apparentemente nemico dei fiorentini, mentre in realtà desiderava, che la città di Pisa in pari tempo riuscisse di aggravio ai fiorentini e ai veneziani, acciocché, abbandonandone entrambi il possesso, potess’egli con facilità farla sua. Perciò vi spedì aneli’ egli le sue truppe unitamente a quelle del duca Ercole di Ferrara, suo suocero, cui aveva posto a parte del suo insidioso disegno. Dopo alquanti giorni, sotto pretesto che mancassero ai soldati gli stipendii, partirono le milizie di lui e vi rimase soltanto Lucio Malvezzi con pochi cavalli, all’oggetto di esplorare, piuttostochè di combattere. L’impegno, che avevano preso i veneziani nella guerra pisana, ne rendeva al governo sempre più gravosa la continuazione, perciocché di giorno in giorno crescevano i bisogni; ed il senato ben s’avvide per prova, quanto fossero state ragionevoli e giuste le opposizioni del Bollani e di quegli altri consiglieri, che avevano fatto ogni sforzo a dissuaderlo dall’assumere questa impresa. I fiorentini d’altronde, conoscendo la propria debolezza, si accinsero a secreti maneggi, per indurre il re Carlo Vili a ritornare colle sue truppe in Italia. Ed infatti cotesto re, animato dalle istanze del conte di vol. vii. 24