126 LIBRO XXVI, CAPO H. per mancanza di artiglierie, date alle fiamme le case e gli editìzii dei sobborghi, s’ erano ritirati nei vicini villaggi in attestazione di migliore opportunità. Del quale insulto, fatto alla repubblica, non fu possibile mai sapere la prima cagione. Tostochò il governatore veneziano della provincia del Cadore ebbe notizia delle prime ostilità, per rappresaglia dell'insulto fallo ai mercatanti, fece arrestare aneli’ egli tutto il ferro, che i sudditi di quei principi avevano raccolto dalle miniere. E questa rappresaglia poi cagionò l’aggressione su Rovcrcdo e l’incendio dei suoi luoghi suburbani. Violata con ciò solennemente la pace, senza che vi si fosse premessa veruna intimazione di guerra, il senato fece passare nel veronese molle truppe dalla Carnia, dal trivigiano, dalla Lombardia ; ordinò nuove leve di soldati ; destinò provveditori di campo Pietro Diedo, ch’era rettore di Verona, e Gerolamo Marcello ; chiamò dalla Romagna Giulio Varano, signore di.Ca-merino, il quale teneva colà il supremo comando delle trjuppe della repubblica: si preparò in somma a contrastare colle armi i suoi diritti, ed a respingere con la forza e vendicare il sofferto insulto. CAPO II. I tedeschi prendono Rovereto c poi vi appiccano il fuoco. Al moltiplicarsi delle (ruppe veneziane sul territorio confinante al Tirolo, anche 1’ arciduca Sigismondo ingrossò considerevolmente il suo esercito, ed ajutalo dai principi confederali ritentò l’assalto di Roveredo. Le artiglierie, che questa volta vi aveva fallo venire, ne resero meno difficile la conquista. ' ISicolò Frinii, che ne comandava la piazza, vi si sostenne finché potè con maraviglioso valore, nè vi si sarebbe reso, se 1' armala, che il senato gli aveva mandato per la difesa, fosse giunta con maggior prontezza. Egli non aveva seco elio piccola guarnigione; tullavólta respinse molti allaccili, ina finalmente fu costretto a