504 LIBRO XXVIII, CAPO LVII. a cedere, e Io sventurato duca Massimiliano Sforza ebbe a grande ventura di potersi rifugiare in Novara. Nè ad eccezione di questa e della città di Como, erano rimasti altri luoghi sotto il dominio di lui. Un corpo di truppe veneziane ed alquanti cavalleggieri erano stati lasciati sulle frontiere del vicentino e del veronese, sotto il comando del provveditore Sigismondo Cavalli, acciocché vegliassero alla sicurezza delle piazze, che non erano troppo ben presidiate. Il Cavalli aveva posto il suo campo a San-Bonifazio. Piombò su di esso all’improvviso un distaccamento nemico, composto di duemila fanti e cinquecento cavalli : mise in fuga e capitani e soldati, e gl’ insegui sino a Cologna, ove il provveditore veneziano erasi ritirato; prese d’ assalto la piazza; la saccheggiò; se ne impadroni del castello ; e finalmente ritornò a Verona menando seco prigionieri di guerra il provveditore Cavalli, Vettore Malipiero, podestà di Cologna, e molti altri gentiluomini, oltre ad assai ricco bottino. Dalla quale impresa prosperamente riuscita acquistarono tanto coraggio i nemici, che unite insieme tutte le guarnigioni delle piazze da loro occupale, formarono un corpo di quattro in cinque mille uomini, saccheggiarono ed incendiarono Arzignano e portarono il terrore e la desolazione in una gran parte del territorio vicentino. CAPO LVII. Battaglia di Novara. L’infelice duca Massimiliano Sforza stava intanlo ricoveralo in Novara, aspettando soccorsi da qualche parte. « Rappresenlavasi, » dice il Guicciardini (1), alla memoria degli uomini, quasi come » una immagine e similitudine del passato, questa essere quella » medesima Novara, nella quale era stato fatto prigione Lodovico (t) Lib. XI, cap. A7.