358 LIBRO XXVIII, CAPO XI. CAPO XI. Infelici successi delle armi veneziane. Nel mentre che queste cose passavano tra la repubblica e la corte di Roma, gli eserciti accampali nella Lombardia venivano alle mani con discapito enorme delle armi della repubblica ; siccome nelle pagine addietro, benché alla sfuggita, ho notato (I). Infatti, sino dai primi giorni, era insorta grave questione tra i due supremi comandanti Pitigliano ed Alviano, circa la risoluzione da pigliarsi contro i nemici. Intervenivano alle loro consulte anche i due provveditori di campo, ma col loro consiglio non valsero a decidere la disputa : fu d’ uopo chiederne la deliberazione al senato. Trattavasi, se si dovesse passar 1’ Adda ed invadere il territorio di Milano. L’ Alviano ripugnava al far la guerra sul proprio suolo, e il Pitigliano, più maturo di età e più prudente nei consigli, era di parere, che, senza fare alcun conto delle terre della Giara d’Ad-da, tutte di poco rilievo, si dovesse accampare l’esercito tra l’Ollio ed il Serio a difesa degli stati della repubblica, anziché esporre tutto T esercito, e con esso lo stato, all’ esperimento pericoloso di una battaglia. II senato tracciò una via di mezzo, e, dopo matura deliberazione, ordinò, che si difendesse la Giara d’Adda, ma si schivasse la battaglia coi francesi. Fu perciò, che il conte di Pitigliano, coll’intenzione di ricuperare le terre perdute al di qua dell’Adda, pose l’assedio a Treviglio e se ne fece padrone : l'ho accennato anche di sopra (2). Tostochè il re Luigi XII n’ ebbe notizia, risolse di andare a combattere 1’ esercito nemico, sebbene sapesse, eh’ era di molto superiore al suo. Bisognava perciò passar l’Adda : e scelse di (•) Nel cap. Vili di questo lib., pag.329. (2) Nel luog, cit.