99 mi addosso ed usurparsi le mie ragioni. 0 strania età in cui si fanno letterati anche i vagli! Vagl. O magno, o reverendo, gran padre Frullone, deli ! se ognora ti basti la ruota e la tramoggia all’ ufficio deh! qua benigno ti volgi, si eh’ io pigli del tuo viso conforto e lieto augurio alla nuova mia impresa. Vedi, or siamo fratelli, mi son fatto maestro di buone lettere anch’ io. Qua un abbraccio. Fruii. (Sfacciato!) 1’ non so chi tu sie, nè per che modo Venuto se’ quassù. Ti scosta. Vagì. Che, mi disdegni? Ti sa forse male il povero mio stato? Frate, ti rammenta, tu pur sempre non fosti quel gran barbassoro che or sei, e vieni com’io dal forno e dal mulino. Però non creder, che io sia quell’ umile e oscuro arnese che tu pensi. Se nobiltà vuol dire antichità di data e d’ origine, ben sai eh’ io vissi a’ tempi de’ patriarchi, e se il mio nome non è scritto in libro d’oro, ben puoi leggerlo nelle sacre carte, dove da me l’Ecclesiaste ha tolto il paragone a significare, ciò che Iddio fa dell’ empio : Sic ut in percussura cribri reinanebil pulvis ec. Perchè sono stato sempre capitai nimico d’ogni empio, e nello