LIBRO XXXVI, CAPO XV. CAPO XV. Assedio di Gradisca. Ho già toccalo alla sfuggita nelle pagine addietro le circostanze che indussero la repubblica a mandare le sue forze terrestri nel Friuli a stringere di assedio la piccola piazza di Gradisca. Ne aveva proposto l’espugnazione il generale dei veneziani Pompeo Giustiniano: il quale, occupata e poi abbandonata Farra, alle rive del Lisonzo, Ira Lucinis e Gradisca, condusse il grosso delle sue genti a vista di questa piazza; fece alzare trincee; procurò d’impedirle ogni comunicazione col quartiere generale e di toglierle i soccorsi, che le avessero potuto venire dalla parte del fiume; estese gli alloggiamenti suoi con larga linea al di qua di esso fiume tra Cormons, Medan e Meri ano, interponendovi alcuni corpi di cavalleria, acciocché fossero pronti ad accorrere ovunque lo esigesse il bisogno. Poco peso davano in sulle prime gli arciducali a queste operazioni, perché la piazza era presidiata da mille dugento uomini, sotto il comando del governatore Strasoldo e di Giovanni Perino Vallone, e sapevano consistere l'esercito veneziano in soli dodici mila fanti, gente per la maggior parte di nuova leva e italiana. Ma quando ne videro battute le muraglie da ventiquattro pezzi di artiglieria ed in più luoghi rese guaste dalle mine scavatevi, incominciarono gli assediati ad intenderne il pericolo e deliberarono di scacciare con vigorosa sortila il nemico dai posti occupati. La fecero con tal impelo e di fronte ed ai fianchi, che, uccise le guardie, penetrarono sino al primo ridotlo delle ballerie dei veneziani, e se questi non fossero siati sostenuti dalle genti di Lelio Marti-nengo, ne avrebbero sofferto ancor più gravi discapiti : vi rimasero disfatte quattro compagnie, vi perirono due capitani, uno ne fu fatto prigioniero. Dalo il fuoco alla mina, si esibirono otto