LIBRO XXXVI, CAPO VII. CAPO VII. Si macchina ancora contro la vita del Sarpi. Ad altre armi, non però nuove, diè di piglio allora la sconfitta malignità: alle solile macchinazioni contro la vita del frate Paolo Sarpi. Oltre ai due attentali, di cui ho narralo le circostanze nelle pagine addietro, un’ altra volta s’ era tentato di nuocergli per mezzo di un sicario travestilo da frale dell’ordine suo, il quale per la circospezione, a cui fra Paolo erasi abbandonato, non potè mai presentarglisi a parlare, per quante istanze ne facesse e al frate Fulgenzio e ad altri frali del convento dei servi. Ed anche dopo sparsa la notizia del consiglio da lui dato al senato circa la controversia di Ceneda, nuovamente si accese lo spirito della vendetta a macchinarne la perdila. Di che si trattasse, non se ne ha positiva notizia. Si sa bensì, che nel 1612 il veneto ambasciatore dimorante in Roma ebbe a scrivere ai capi del consiglio dei Dieci, essere in pericolo la vita del Sarpi, ordirsi qualche trama contro di lui, doversene slare diligentemente guardingo per non cadere nei lacci degl’insidiatori avversarii. Per le quali ammonizioni dell’ambasciatore il senato deliberò di farne avvisato officialmenle il perseguitato religioso : e la sua deliberazione si trova registrata così nei libri secreti della cancelleria ducale: * 1612. 10 Settembre in Pregadi. » Essendosi inteso dalle lettere dell’ambasciatore in Roma del » primo del mese presente, eh’ egli ha scritto alli capi del Consi-» glio di Dieci intorno la persona del P. M. Paolo, perchè si abbi » da guardare da ogni pericolo, che possa soprastare alla sua vita. » E convenendo al merito di lui ed all’ amore che gli è portalo » dalla repubblica che ne sia avvertito. » L’anderà parie, che fatto venir nel collegio esso P. M. Paolo,