anno 1570. 35 tempo ormai di tentare la distruzione, o almeno l'indebolimento della potenza ottomana, a cui avevasi lasciato pigliare troppo funesto vigore. Accettate alla fine di unanime assenso queste risoluzioni, fu deliberato, che si ammetterebbe il chaùs all’udienza del Collegio senza veruna delle consuete formalità e senz’ altro accompagnamento che del secretano Luigi Buonriccio e di due dragomani. Giunse infatti a Venezia Cubai sopra una galera della repubblica; ed entrato che fu nel porto, lo si custodì con somma diligenza a fine d’impedirgli qualunque comunicazione con chicchessia. Fu introdotto nel Collegio come un semplice particolare: bensì gli fu assegnalo a sedere il solito posto degli ambasciatori, alla destra del seggio ducale. Egli, entrato all’ udienza, baciò la veste del principe e dopo molte riverenze sedutosi, presentò una borsa di tessuto d’oro, nella quale, secondo il costume di quella nazione, era chiusa la lettera del sultano Selim II: e in presentandola disse: * Principe serenissimo : qui è chiusa una lettera del mio • Signore; quando avrete inteso ciò ch’egli desidera, me ne da- • rete risposta. » —• « La vi si darà; » soggiunse il doge con dignitosa gravità. Alle quali parole tenne dietro un profondo silenzio; per cui stando sopra di sé Cubat con l’animo travagliato, nè vedendo che altro gli si dicesse, ripigliò il discorso così (I) : « Si-» gnori, Meheroet, primo pascià, m’ ha commesso, eh’ io debba • dirvi, che a lai grandemente rincresce, essere venula occasione » di romper quella pace, la quale egli ha sempre con ogni studio » cercato di conservare: ma le querele venute alla Porla tante » volte et da tante parti, de’ poco amichevoli portamenti usati dai » ministri di questo stato et principalmente del ricapito et favore » dato in Cipro a’ corsari Ponentini, da’ quali appunto questo • stesso anno grandissimi danni sono stati inferiti a munsulmani, • hanno fallo sì grande impressione nell’ animo del Signore, et (i) Yeti, il Paruta, ffist. della guerra di Cipro, lib. 1.