420 LIBRO XXXVI, CAPO VI. non fosse cresciuto il numero dei proseliti ; doversi desiderare unicamente, che il papa promovesse nuove pretensioni contro i veneziani, per avere tutta la facilità ad introdurre tra di essi la preparata riforma. » — Chi non doveva scorgere, nel tenore di questa lettera, una trama maliziosamente ordita per rendere sospetta a tutti i cattolici la repubblica di Venezia? E chi non doveva accorgersi facilmente da quali nemici di lei dovesse prendere origine? «Un ministro di » Ginevra, dice il Laugier a tale proposito (1), non poteva essere » nè tanto cieco nè tanto ignorante per attestare fatti evidentemen-» te falsi, che in luogo di conciliare alla nuova religione il favore » della repubblica, dovevano provocarla all’eccesso contro di lei. » Eppure lo si volle far credere autore di quello scritto; mentre la goffaggine di voler rendere sospetto in principalità il doge, che negli affari dell’ interdetto aveva mostrato una insuperabile fermezza, e di rappresentare come occulti eretici due frati, ai cui consigli il governo affidavasi nei difficili affari di ecclesiastica giurisprudenza, assai chiaramente scopriva « la vendetta di per-» sone interessate a giustificarsi a spese dei veneziani ed aceostu-» mate ad opporre agli attacchi vane accuse di eresia, che fanno » sempre impressione sugli spiriti deboli (2). » Non si accorse, o non volle accorgersi, della malizia di questo insidioso ritrovamento il francese ministro. Egli indusse il re Enrico IV a credere, che la lettera fosse autentica, ed a farla comunicare perciò al nunzio papale residente presso la sua corte. Questi, non saprei dire, se veramente anch’ egli tratto nell’ inganno, ovvero, se di accordo cogli orditori di quella trama, si mostrò lieto e maravigliato per siffatta scoperta : ne ringraziò il ministro ; lo assicurò della pontifìcia riconoscenza verso il sovrano ; lo pregò a stimolare il re a maneggiarsi efficacemente presso la repubblica (i) Stor. Veri., lib. XL, solto Pana. iGog. (a) Laugier, lueg. cit.