216 LIBRO XXXIV, CAPO III. » promessa et buona pace, anch' io giuro per il Dio giusto, cbe c » un solo et glorioso el eccelso, el per 1’ honorato et felice nostro • profeta Mchemct Mustafà, che è il sole di questo mondo et del- > 1’ altro, et misericordioso della sua sella, che nè io uscirò né la- • scierò uscir altri della promessa et del patto che si narra né la- > sciarò far cosa contra 1’ amicitia et accordo che è stabilito infra > noi né contra il giuramento della promessa. • Sempre che il doge di Vinetia et la signoria nè con opera • né con favore in nessun modo non ajutaranno et non favoriran- > no gli inimici del mio felice imperio si per mare come per terra • io ancora non lasciarò trapassar' nessuno della buona pace che » é successa. » Et per negolii di schiavi che sono stati presi avanti la guer-» ra contra le promesse si debbano coregger’ come narra il patto • de’ capitoli. Ma quelli schiavi che sono stati presi da ambe le » parti in tempo della guerra non debbano caminar sopra quel • patto et sia in libertà de suoi padroni se vorranno darli riscatto > con dinari overo servirsi di loro nessuno non possa impedirli né > muolcstarli. • É stato scritto al primo de’ Giaméd elavcl dell’ anno Mao-» mettano 983, cioè alli X d’agosto 1575. • Scritto iu I’ inclita et custodita città di Costantinopoli. • CAPO III. Peste orrenda in Venezia e nello slato. Godevano piena calma i veneziani dalla parte di mare, rassicurata loro dalla solennità di codesti trattati ; quando nel declinare di quest’ anno il flagello della peste scalenossi furiosamente a desolarne la capitale, non che ad una ad una tutte le città e le provincic dello stalo, d’onde in fine a lutto il resto dell’ Italia si dilatò.