218 LIBRO XXXIV, CAPO III. Gerolamo Mercuriale friulano e Gerolamo Capo di Vacca padovano, professori di medicina nello studio di Padova, affinchè uniti ai medici della città, indagassero le circostanze degli accidenti, per adattare i rimedii, che dall’ uniforme opinione di dotti uomini fossero creduti convenienti alla preservazione della pubblica salute. Disputarono lungamente i periti dell’arte, e persino alla presenza del doge e del collegio, circa la natura del morbo ed i mezzi da preferirsi per estirparlo. Chi opinava per I’ assoluta separazione degl’ infetti dai sani, chi la pensava al contrario. Prevalse il parere degli ultimi ; sicché il morbo crebbe sempre più ed infuriò con irresistibile violenza. Più di dugento vittime in città e più di seicento nei lazaretti n’ erano colte giornalmente: i medici non più volevano prestare ai malati gli uffizi dell’arte loro: i sani fuggivano dalla città alle campagne : ma fuggendo la morte da quella, incontravanla egualmente anche in queste : i convalescenti ricadevano e morivano : di appestali erano sparse le vie, ove senza assistenza giacevano, e morti vi rimanevano per più giorni insepolti ; sicché a tutte le precedenti calamità aggiungevasi l’insoffribile puzzo, di cui 1’ aria era pregna. Nella sua religiosa pietà il senato deliberò di cercare asilo ed assistenza contro la desolatrice sciagura tra le braccia della divina misericordia. Invocò pertanto con solenni preghiere e con pubblici voti la protezione efficacissima dell’ universal Mediatore : promise r erezione di magnifico tempio intitolato a Cristo Dio Redentore : ed obbligossi a visitarlo processionalmente col doge e colla signoria nel di anniversario della desiderata liberazione della città dal pestifero morbo. Discese perciò il doge nella sua basilica di san Marco, ed ivi, dopo divote preci, si volse al popolo radunalo e con voci di profonda sommessione e con sentimenti di cristiana pietà esortò ognuno a piangere le proprie colpe ed a confidare nella divina clemenza, la quale commossa alle lagrime di un popolo penitente sarebbe per ridonare la sospirata salute ad una città, ch’era nata c cresciuta nel seno della vera religione e nella devozione