1 inno 1577. 253 » da questi accagionata al rammarico prodotto in lui da un in-» cendio, che quasi tutto ( ! .. ) il ducale palazzo distrusse : » e pronunziando la sua sentenza dichiara « non parer verosimile, che > un accidente di tal fatta abbia vinto chi con tanta fermezza • aveva sopportate ben altre prove. • Ma non saprei come sulla semplice congbiettura del Darù si possa negar fede a tutti gli storici nostri, i quali ne attribuiscono la morte appunto al profondo rammarico, che lo sorprese, per un accidente di tal falla; nè questo accidente era poi già di sì lieve fatta da non dover rammaricare, al pari e più di ogni altro, il principe della repubblica, il quale vedeva rinnovarsi dopo tre solì anni, ed appena riparatine i guasti, la sede maravigliosa della sovranità veneziana. Otto giorni dopo la morte del doge Venier, gli fu dato il successore. Nello scrutinio per questa scelta figurarono i due senatori Giacomo Soranzo e Paolo Tiepolo, i quali avevano abbastanza di meriti per poter essere innalzati alia suprema dignità: ma il maggior numero degli elettori fu per Nicolò da Ponte, procuratore di san Marco, il quale colla sua dottrina, colla sua prudenza e colla perspicacia del suo ingegno aveva già sostenuto i primi uffizi della repubblica e ne aveva ottenuto i più alti onori. Egli era in età di ottantotto anni. Sulla quale elezione il Darù, con una logica degna di lui solo, dopo di avere notato che il da Ponte era vecchione di ottantotto anni, osserva: « Scegliendo tali uomini i veneziani volevano » dar pruova, che il doge non era fatto per governarli. » Ma non giunse la ni* oltre il pensiero del valente storiografo francese, sino a considerare, che un vecchio di mente fresca e di consumata esperienza può benissimo governare uu popolo quanto e meglio di un giovine. Nè d’ altronde seppe egli accorgersi, che la dignità ducale solevasi conferire talvolta come ultima ricompensa ai prestati servigi. Accorsero a felicitare 1’ esaltazione del nuovo doge, ed a rallegrarsi per la città liberata dal flagello della peste, molli ambasciatori di principi italiani: il conte di Verrua in nome dì vol. ix. 30