ANSO 1718. 223 Giambattista Miaro padovano, e il ragionato Rcoini. Nelle abitazioni della rocca perirono il consigliere Bon con suo fratello, sopracomito di galera, la moglie, tre figliuoli, e le persone di servizio. Nella Campana furono sfrantumali il castellano Zorzi, un Minio, il colonnello Iscovich e quattro compagnie del reggimento Grimaldi : ed altre sette compagnie del vecchio reggimento del colonnello Nicolò Bu-ratich perirono nelle caserme intermedie. Nella città il danno fu gravissimo per le pietre scagliate dall’ impelo dello scoppio: e forse ancor più grave nel Mandracchio, ove andarono sommerse quattro galeotte e una galera, furono offesi tutti gli altri legni, che vi stavano all’ ancora, e moltissimi de'galeotti furono uccisi, moltissimi feriti dal tempestare dei sassi. In somma, oltre alla perdita materiale delle fabbriche e delle robe, vi si calcolarono più di due mila morti. Dice il Ferrari, che in un marmo di questa stessa fortezza leggevasi memoria di somigliante, non però sì grave disastro, avvenuto sessant’ anni addietro, per fuoco • appiccatosi al deposito fabbricato da Filippo » Pasqualigo pel fuoco della miccia di due soldati francesi ivi pene-» trali di notte tempo per rubare. » Allo spuntare del giorno comparve la tragica scena delle rovine e della desolazione, poiché tutti gli edifizi della città, tanto i pubblici che i privati, si videro per la maggior parte atterrali o cadenti ; ed i superstiti affrettavansi con grida e con lagrime ad estrarre dalle incomposte cataste de’ sassi e de’ legnami gli sfracellati cadaveri dei parenti, degli amici, dei conoscenti, ed a rintracciarne le sepolte sostanze. In maravigliosa maniera rimasero preservali dalla morte framezzo a tante macerie Francesco Pesaro ed il secretano Orazio Barlolini (1). « Il primo, scrive il Ferrari, sbalzato e portato per » l’aria nel proprio letto andò a cadere in qualche distanza, senza • mortai offesa, benché mezzo sepolto tra le ruine. Il Barlolini, » avendo egli udito un primo piccolo scuotimento della stanza, e (i) Invece del Bartulini, il Diedo nominò presei vaio Francesco Diedo governatore di bastarda.