16 LIBRO XLI, CAPO III. Alvise Sagredo cavaliere. Vi si occuparono con tutto l’impegno questi ragguardevoli.gentiluomini, e posero in opera ogni mezzo per riuscirvi facilmente. La tardanza dei pagamenti, di cui ho parlalo di sopra, aveva introdotto, come suol avvenire in simili casi, considerevole ribasso nei capitali : perciò non pochi di questi erano stati venduti a prezzo inferiore dell’ originario, ed erano passali già per più mani, allontanatisi dal primario compratore. Altri sussistevano tuttora col nome del primo investito, soltanto passando o per eredità o per dote in successione legittima. Di qua nacque la distinzione de’ capitali vergini e non vergini. Si calcolò, che di questi ultimi ne fosse una grandissima quantità; e fu quindi proposto, che facendosi entrare lo stato nel diritto di preferenza si computassero essi non secondo il credito registrato nei pubblici libri, ma secondo il prezzo esborsato dai compratori. La proposizione fu portata in senato; ma vi fu rigettata, perchè dichiararvi da quel sapientissimo consesso, ripugnare alla giustizia, che il governo traesse profitto da un male derivato dal proprio difetto. Calcolata adunque dopo molte eonsullazioni tutta la massa di si importante e difficile affare, venne alla fine deliberato, che il credito delle rate decorse avesse ad incorporarsi col capitale, e che sulla totalità se ne contribuisse il frutto del tre per cento. Lo stesso frutto del tre per cento fu determinato anche sui vitalizii, ma cangiandoli a capitale perpetuo ; e quanto poi ai frutti decorsi, se ne formasse egualmente un capitale fruttifero al due per cento. Fatta pubblica questa deliberazione, la si trovò feconda di molti difetti, e per la maggior parte a carico dello stato, massime sul proposito dei vitalizi resi perpetui, mentre il tempo, a periodi non lunghi, con la vita dei possessori li avrebbe estinti ed avrebbe saldato con infallibile calcolo una partita assai grande di debito.