anno 1797. 301 dichiarazione il doge non trovò aderente, clic il solo Savio supplente in settimana Alvise Pisani. Fu decretato alla fine, il dì 8 maggio, l'allontanamento delle truppe scliiavone. CAPO XI. Piatio della rivoluzione di Venezia, Dalla progressiva insistenza dei traditori a voler scemare gradatamente la difesa della città, perche sempre più facilmente fosse esposta all’ aggressione nemica, s’ erano già fatte palesi *in lulla la loro realtà le maliziose intenzioni del maggior numero dei componenti la riprovevole Conferenza. Nè si ristettero questi dall’ infame loro allentato, al cui compimento anzi diressero con ancor più di vigore gl’ iniqui loro sforzi. In quella sera medesima si radunarono tulli nella casa del cavaliere e procuratore Alvise Pisani, Savio supplente in settimana, e lo trovarono deciso a cedere lutto, in vista dei tanti inali, di cui sì maliziosamente avevano poco prima esageralo il prospetto il cavaliere Doliìn ed il Battaja. Qui fu, che il Bal-laja rivelò al cavaliere Pietro Dona lulla l’orditura de’suoi disegni, per affrettare la caduta del governo della repubblica. Dovevano farvi luminosa figura un Tommaso Zorzi droghiere, un Giovanni Spada, uscilo di recente dalle prigioni dei piombi, ed un Tommaso Galiini avvocato di Padova, un Giuliani da Desenzano, un Sordina da Corfù, cd un Dandolo veneziano, uomo assai chiaro per fama di dottrina c di eloquenza. Si recò lo Zorzi, per il primo, nell’oscurità della r.olle alla procurala di Nicolò Morosini IV, e domandò di poter essere presentalo al doge, perciocché aveva a svelargli cose della massima importanza. Entratovi col Morosini, narrò ad entrambi, essere lui stalo a cena col secretario della legazione francese, Willelard, e con al tri di quella nazione, ed aver ivi udito, che nel-l’indomani, giorno 9 di maggio, dovevasi compiere la rivoluzione di Venezia, ed erigersi l’albero della libertà dagli slessi schiavoni,