376 LIBRO XXIV, CAPO XXVII. CAPO XXVII. E riaccesa la guerra coi turchi. Nel medesimo tempo il sultano Mahomet, gonfio della conchiusa alleanza coi due re di Ungheria e di Napoli, più non curò le trattative di pace colia repubblica di Venezia : le si mostrò anzi più feroce e sleale. Al veneziano ambasciatore Tommaso Malipie-ro, che ne concertava le condizioni, rispose con insultante disprezzo, che dovevasi accettare la pace quando egli era disposto a concederla, ma che presentemente, cangiato l’aspetto delle cose, aveva cangiato anch’egli pensiero; perciocché la città di Croja, che allora volevasi cedere a lui, era ridotta a tale stato, da non poterne più i veneziani far calcolo, e da riputarsene lui tra pochi giorni padrone ; che luti’ al più discenderebbe a trattare di pace ove gli si cedesse, oltre a Croja, anche Sculari. E infatti la città di Croja era stata bloccata tulio l’inverno, aveva consumato tulli i viveri, avea mangiato persino i cavalli ed i cani. Il sultano vi si era recalo, per aggravarne l’assedio, con un grosso corpo di truppe fresche, ed avevaia stretta con tal rigore, che non era più possibile al Loredan di salvarla coi deboli soccorsi, che le poteva som ministrare la sua fiotta. I cittadini, vedendosi ormai ridotti alle più dure angustie, per sottrarsi dalla schiavitù e dalla morte del feroce vincitore, deliberarono di mandare a Mahomet i loro deputati a offerirgli la resa, salva la vita e la libertà di ritirarsi colle loro robe ove meglio avessero voluto. Egli con solenne giuramento, della cui veracità chiamava in testimonio l’onnipotente Iddio creatore del cielo della terra, promise in iscritto, che non sarebbe fallo loro alcun male; che sarebbe in loro libertà il ritirarsi ovunque volessero ; ma che se avessero voluto rimanere in patria sotto il dominio di lui, non vi sarebbero molestati.