9() LIBRO XXI, CAPO XXII. gio di un esercilp nemico sulle sue terre. Per siffatte lagnanze, Nicolo d’ Este, signore di Ferrara, fccé intimare allo Sforza, che non progredisse colla sùa marcia sul territorio estense; altrimente lo avrebbe fallo retrocedere a forza, colle armi alla mano. Lo Sforza, per verità, desiderava un tale divieto, perchè a mal.in cuoret siccome poco di sopra ho narrato, portava là guerra direttamente contro il suo futuro suòcero. Questo non preveduto incidente turbò alquanto le. lusingho dei veneziani, i quali avevano collocato la loro salute nell’ unione dello Sforza col marchese di Mantova. La repubblica mandò perianto .un ambasciatore al signore di Ferrara, a rappresentargli la sconve-uienza di siffatto suo contegno, contrario agli stessi interessi suoi ; mentre miglior cosa per lui dovevasi riputar^ l’avere amica e favorevole la repubblica di Venezia, sovranità continua § permanente, di quello che Filippo Visconti, alla cui morte avrebbero potuto gli affari pigliare un£f piega non .immaginabile allora. L’ambasciatore veneziano fu Andrea Morosini. Ma le sue preghiere e le sue riflessioni non valsero punto a smuovere Nicolò d’ E$te dalla presa risoluzione. Allora il Morosini recossi a Reggio,.per guadagnare, se gli fosse stato possibile, l’animo dello Sforza. Ma neppure su di lui ebbero effetto le parole di preghiera, di promesse, di mi-naccie del veneziano ambasciatore. Quel capitano anzi vieppiù fermo gli si mostrò, quando il Morosini gli fece minaccia di fargli sospendere gli emolumenti accordatigli pel suo servigio. Lo Sforza ripassò gli Apennini, e condusse le truppe a' svernare sul territo-torio pisano. CAPO XXII. Disgusti tra veneziani e fiorentini. . La comunità di Firenze rimase vivamente offesa per 1’ alterigia, con che 1’ ambasciatore veneziano, in nome del suo governo, voleva costringere il comandante delle truppe di lei a secondarne i