anno 1465. 271 fece ogni sforzo possibile per sottrarsene. Pose sott occhio ai senatori ia sua età avanzata, i suoi acciacchi gravi e molti, i pericoli ed i disagi del mare: ma nulla valse a farli mutar di pensiero. Essi opponevangli il suo dovere di obbedienza alla volontà ed ai bisogni della patria. In fine, persistendo lui nel rifiuto, così gli parlò Vettore Cappello, uno de’consiglieri ducali: « Serenissimo • principe; se la serenità vostra non vi vorrà andar colle buone, » noi la faremo andare per forza ; perchè noi abbiamo più caro il » bene e la gloria della repubblica nostra, che non la persona » vostra. » Queste brevi e succose parole riuscirono efficacissime: Cristoforo Moro vi si piegò. Soltanto chiese, che si affidasse il comando della flotta, a cui diceva di non valere, ad un suo consanguineo Lorenzo Moro, eh’ era governatore in Candia. Nè vi fu difficoltà a concederglielo. Fu decretato inoltre, che durante l’assenza del doge, rimanessero in palazzo due de’consiglieri ducali ed un capo della Quarantia, e che al doge fossero dati a compagni gli altri quattro suoi consiglieri, i quali lo assistessero nell’ amministrazione degli affari. Questi furono Tridano Gritti, Nicolò Trono, Gerolamo Barbarigo, e Pietro Mocenigo; coll’ assegno mensile di sessanta ducati per cadauno, finché avesse durato la spedizione. / • CAPO IX. Altri fatti intermedii. Continuava incanto la guerra in levante contro i turchi medesimi. Era colà, siccome ho narrato di sopra, generalissimo della flotta veneziana Alvise Loredano, la cui condotta non aveva pienamente corrisposto alle speranze, che s’ erano concepute pe’ suoi talenti. Egli vi fu perciò richiamato ed in sua vece sottentrò Orsato Giustiniani. Questi, arrivato che fu al suo posto, trovò che il Loredano aveva tolto ad un corsaro greco, che se n' era impadronito come sovrano, 1’ isola di Stalimene, conosciuta anticamente col