516 LIBRO XXIII, CAPO XXIII. fosse rischio per accorrere in ogni sua parte ove il bisogno chia-mavali. Ma i turchi, vieppiù sempre incalzando nella veemenza e nel furore dei loro assalti dalla notte sino al giorno, ebbero alfine la vittoria sui miseri difensori, che grondanti di sangue, infiacchiti dalla fame, sepolti sotto le freccie, languenti per le ferite non poterono più resistere. I turchi entrarono trionfanti nella disgraziata città il giorno 12 luglio, e fecero man bassa su tutto ciò che si parava loro dinanzi. I cittadini fuggiaschi qua e colà, oppressi dalla vigilia, dalla stanchezza, dal peso delle armi, cadevano senza difesa sotto le spade nemiche e rendevano la città spettacolo miserando di stragi e di morte. Neppure i rettori schivarono l’orrenda sorte : il Calbo fu trucidato sulla pubblica piazza, il Bondumiero nella sua casa. Paolo Erizzo s’ era rifugiato nel castello con un piccolo numero di cittadini e di soldati, e vi si difese per alcuni giorni; ma finalmente fu costretto a cedere. Egli si rese sulla parola di Mahomet, che gli promise di salvargli la lesta: ma uscito appena dal castello, fu per ordine dello stesso 3Iahomet, con orrido genere di morte, segato per mezzo il corpo, dicendo il barbaro tiranno, con ischerno insultante, di avergli mantenuto la parola, perciocché la lesta rimaneva salva dal tormentoso supplizio. Comandò poscia, che quanti v’ erano nel castello, fossero presentati a lui ad uno ad uno, e di mano in mano che gli si presentavano faceva tagliar loro la testa, sicché neppur uno di loro fu sottratto al macello di quel-1’ orrenda giornata. Memoranda si rese ed illustre in questa occasione la costanza della nobile giovinetta Anna Erizzo, la quale preferì la morte alle brutali laidezze dell’ infame conquistatore. Se ne oda il racconto dallo storico Vianoli, il quale ce ne conservò colle seguenti parole le circostanze (1): « Così fu da tanti acuti stimoli, quante erano le » feritrici punte, spronata 1' anima di quel martirizzato cittadino (i) Stor. ven. lib. XIX, pag. 68^ e jeg.