574 «imo xxiv, capo xxvi. a succedergli, in capo a dodici giorni, Giovanni Mocenigo, fratello del doge Pietro antecessore del Vendramin. Di lui ci dà il Sanudo le notizie seguenti: « Questo Giovanni Mocenigo non era » procuratore, nè mai aveva potuto rimanerlo; ma ben era dei » primi senatori della terra e sempre al governo, Savio del Con-» siglio. Era d’età d’anni 70. Aveva un figliuolo chiamalo Lionar-» do, maritalo nella figliuola, che fu di ser Andrea Trevisano della » Drezza. Non aveva la moglie viva, che fu di casa Michieli. Avea » una figliuola maritala in ser Antonio Dandolo dottore, il qual » morì podestà o capitano a Ravenna. Coslui fu fratello di Pietro » Mocenigo doge, ed aveva un fratello chiamato Nicolò, onoralo » nella terra, stalo consigliere. Fu uomo buono, modesto e per la » sua bontà fu creato doge, mediante il favore, che gli diede » Marco Cornaro, il cavaliere, cognato di Nicolò suo fratello. » CAPO XXVI. Gravi calamità, che afflissero Venezia. I primordii del principato del nuovo doge furono assai fecondi di sciagure e di calamità sulla patria. Quasiché non bastassero i travagli gravissimi della guerra, che ormai da più anni sosteneva contro il barbaro mussulmano, la peste altresì scagliossi a desolarla ed a scemarne gli abitatori. Da diciotto a venti mesi imperversò inesorabile il tremendo flagello, per cui ogni giorno a quaranta a cinquanta ne cadevano le vittime ; checché ne dica il Lau-gier, il quale colla sua solita inesattezza ne numerò cento cinquanta al giorno (1). Per sotlrarsi dall’orrendo disastro, la maggior parlo dei nobili s’era trasferita alla lerraferma, e tulli cercavano nelle loro case di campagna un’ aria più salubre e più pura. Narrano i cronisti, che in Venezia n’ erano rimasti appena ottanta soltanto (i) T.ib. XXVII.