ms libro xxn, capo hi. particolarmente dalle violenze dei catalani, che avevano il loro nei porti della Puglia e della Calabria, e piucchè altrove in Bestice.avea armato una squadra navale sotto il comando di Antonio Diedo capitano del Golfo. Prima per altro, che queste forze marittime intraprendessero le loro mosse, il governo ne aveva fatto consapevole Alfonso re di Napoli, acciocché nulla vi fosse da cui potesse mai sorgere occasione di disgusto o di lagnanza. Ciò fatto, il Diedo si pose alla vela in traccia dei pirati ; ma, sorpreso sfortunatamente da impetuosa burrasca, sofferse gravissimi danni nei legni e vi perdé intorno a trecento uomini delle sue ciurme. Ebbe a grande ventura di potersi rifugiare nel porlo di Brindisi. Ma che? Approdatovi appena, fu arrestato co’ suoi compagni, e spedito al re Alfonso che dimorava in Napoli. Sorpreso di siffatto contegno, l’ambasciatore della repubblica presso la corte di Napoli, Zaccaria Bembo, parlò con tanta energia al re Alfonso, che lo indusse a rimettere ben loslo in libertà il capitano Diedo e i suoi compagni, ed a restituire la loro galera, con cui ritornarono a Venezia. La repubblica allora rinforzò la flotta, e vi mandò comandante Andrea Quirini, il quale affrontò con tanto ardore i pirati, che in breve tempo tolse loro i legni che avevano, gl’ incendiò, e riebbe parte delle sostanze eli’ eglino avevano tolto ai mercatanti veneziani. Non fu questo che un assai lieve sconcerto, non saprei dire se conseguenza od effetto delle gravissime inquietudini, che avevano disturbato e disturbavano gli stati tutti d’ Italia. E qui da più rimota origine devo ripeterne il filo. Lo spavento, che avevano sparso in tutta 1’ Europa le armi dei turchi, avrebbe pur dovuto persuadere i principi cristiani ad una lega strettissima tra di loro, per impedire efficacemente il progresso della crescente possanza di quelli: ma invece, abbagliati dalla apparenza della momentanea tregua conchiusa coi medesimi, si occuparono tra di loro a fomentare gli odii scambievoli, a moltiplicare le ingiurie, ad indebolire sé stessi nel momento appunto che pretendevano di rinforzarsi vieppiù. Al che si applicarono