ANNO 1448. 159 Approdilo della notle per far trasportare nel castello di Casal-maggiore tutte le armi e le robe, cbe v’ erano a bordo, e poi le fece incendiare, acciocché non cadessero in mano al nemico. Egli poi venne a Venezia: ma, giuntovi appena, il giorno 2 agosto, fu arrestalo e citalo dagli avvogadori a comparire in Pregadi, ed in pena del suo operalo fu condannalo a tre anni di carcere, ad una multa di mille lire all’ avvogaria, cd a perpetua privazione di qualunque uffizio, benefizio, reggimento e consiglio. Fu incolpalo di sì grave disastro anche il capitano generale, che avrebbe forse potuto accorrere colle sue truppe da terra, e frenare 1’ impeto dei nemici. Egli era accampato presso a Caravaggio: nè voleva partirsi di là, perchè sembravagli opportunissima quella posizione a dare battaglia con felice esito contro 1’ esercito milanese. I provveditori di campo, Federico Coniarmi ed Alrnorò Donato, cercavano, per verità, di distoglierlo dal darla; ma egli non volle seguire il consiglio loro : vi s’impegnò, ed ebbe la peggio, e fu costretto a fuggire co’ suoi soldati a cercarsi asilo e sicurezza fin sotto Brescia. Combattevano in questo conflitto nell’esercito veneziano i prodi capitani Lodovico Gonzaga marchese di Mantova, Bartolomeo Colleoni, detto nelle antiche cronache Coglioni, Gentile da Leonessa, il conte Carlo del Montone, Tiberio Brandolino, Giovanni Conti romano, Guido Rangoni, Alberto da Bodio, Cesare da Martinengo, Nicolò Guerrieri, ed a questi era distribuito il comando di dodici mila cavalli e di proporzionato numero di fanli, i quali ne componevano 1’ armata. Lo Sforza aveva, oltre a buon numero di fanli, sedici mila cavalli, e n' erano capi-lani de’ varii corpi Bosio e Corrado, Roberto da San Severino, Francesco e Jacopo Piccinino, Guglielmo dal Monferrato, Carlo di Gonzaga, il conte Luigi dal Verme, Giovanni da Tolentino, Cri-sloforo Torello, e Bartolomeo Quarliero. Infalli, l’Allendolo, confortalo dal consiglio di Tiberio Brandolino, si deformino di tentare giornata col campo nemico, assalendolo dal lato di Via Nuova « dove il conte Francesco, narra il Sanudo, per le paludi vicine