88 LIBRO XXI, CAPO XVII. circostanze degli affari dell’ Italia, non è possibile esprimerlo. Serpeggiò da prima nel silenzio di cuore in cuore lo sdegno, ed alla fine scoppiò all’aperto ed in palese. Eglino presero le armi: fecesi loro capo Francesco Spinola: assalirono il palazzo del governatore milanese, ne scacciarono la guarnigione e ne trucidarono il governatore: richiamarono dall’esilio Tommaso Fregoso ed innalzarono la bandiera della libertà. Dopo ciò, per assicurare la stabilità della propria indipendenza, cercarono appoggio presso a chiunque sapevano essere del partito contrario al duca di Milano. Non tardarono i fiorentini e con essi Eugenio IV ad assumerne la difesa ed a congiungere colle loro le proprie forze, per cui sostenere il già fatto ed impedire al Visconti il riacquisto della perduta sovranità su di loro. L’ alleanza di quelli coi veneziani, trasse necessariamente anche questi nell’alleanza a sostegno dei genovesi; sicché, dimenticate le antiche inimicizie dei due popoli commercianti, non si pensò che a rendersi vigorosi contro il comune avversario. Filippo, vilipeso sì gravemente nel suo orgoglio e reso vittima della sua tenebrosa politica, corse ben tosto alla vendetta : doppia vendetta immaginò, e sui ribelli suoi e sui difensori di questi. Spedì subito numerose soldatesche alla volta di Genova: ma non ne colse verun frutto. Macchinò di far rapire il pontefice in Firenze stessa e farselo condurre a Milano ; alla quale impresa deputò il Piccinino : ma la trama fu scoperta e non potè avere il suo effetto. Scaltro, com’egli era, si persuase, non poter ottenére la, desiderata vendetta sui genovesi, senza prima porsi al sicuro dalle molestie, cui doveva temere dalla parte dei fiocentini e del papa. Si pacificò pertanto con questi, e rivolse quindi le sue armi contro i soli genovesi. Alla quale im- • presa non potè attendere che brevemente; imperciocché nell’anno di poi fu costretto a più importante e più necessaria difesa contro le anni dei veneziani. Del che alla sua volta.