314 LIBRO XXIII, CAPO XXII. a pezzi tulli i veneziani, che opposero resistenza. Riuscita questa prima impresa, la flotta intiera si presentò dinanzi all’ isola di Solimene. Le truppe turche sbarcate diedero al castello cinque assalti consecutivi, ma vi furono cinque volte vigorosamente respinte. Vi comparve la flotta veneziana e si preparò al combattimento: ma i turchi, sebbene superiori di numero, abbandonarono Slalimene e si ritirarono. Si avvicinarono invece all’ isola di ìNegroponte. Il sultano intanto alla testa di un’ armata numerosa, dal continente vicino fece gettare un ponte sopra il canale, che lo divide dal-l’isola, e vi condusse l’esercito ad accamparsi d’ intorno alla capitale. Le fece dare due assalti vigorosissimi il dì 25 e il dì 3o giugno : ma con suo grave danno. Vi perde sedici mila uomini, e trenta delle sue galere furono mandate a pico dai cannoni dei difensori. Un terzo attacco, ciò non di meno le diede il dì 5 luglio, ma non riuscì più felice dei primi: i turchi vi furono respinti colla perdita di cinque mila uomini. Ne diede un quarto il dì 8, ed ebbe un danno di altri quindici mila uomini, tra morti e feriti. Mahomet, adirato, più che atterrito, per tante perdite cosi gravi, si abbandonò a tutta la fierezza ed ostinazione del suo carattere : ordinò reclute nelle provincie vicine, ed ogni casa fu costretta a somministrargli un soldato. Le sue artiglierie flagellavano incessantemente la piazza: i guastatori lavoravano instancabilmente ad empire le fosse. Gli assediali, in quella durissima lotta, avevano fatto avvisare più volte Nicolò Canale, comandante supremo della flotta veneziana, e lo avevano stimolato ad accorrere in loro ajuto. Egli faceva crociera dinanzi a Corinto, cosicché poteva con tutta facilità venire a difendere il Negroponte, ed assalire con vantaggio le navi turche, le quali erano scarse di marinari, perciocché Mahomet ne aveva fatto sbarcare in gran parte le ciurme per supplire in terra alla perdila di tanti soldati sofferta nei vari attacchi. Poteva rompere il ponte, che univa l’isola al continente, e ridurre quindi i nemici ad inevitabile morte, chiusi tra il fuoco della citlà e quello