GO LIBRO XXI, CAPO X. * i giudici processanti; dunque non consistevano in meri sospetti le cagioni che indussero i X a porre in ceppi il Carmagnola. Le minute e particolari circostanze del tradimento, i complici, i patti, il tempo, il modo ci rimangono ignoti bensì; ma non ci rimale ignota Ja sostanza, di recare cioè l’estremo eccidio alla repubblica pau-latim. Sia pur che siffatto tradimento possa dirsi di nuovo genere,-come lo chiama il Cibrario; sia pur che lo si voglia anche riputare non probabile : tuttavolta non fia impossibile. Non se ne poteva persuadere neppure dal governo; e ce ne assicurano le parole della suindicata lettera agli ambasciatori in Ferrara (quoniam difficile nobis erat credere tantum ma lutti). Eppure, se ne dovettero persuadere quando ne fu assicurato (cum autem certificati simus) ; ed in qual guisa ne fosse assicurato lo spiegalo le recate parole della sentenza : per via di lestimonii e di scritti. Al quale proposito stanno assai bene le parole, che in risposta a siffatte osservazioni del Cibrario, opponeva in un suo scritto il valoroso nostro Luigi Carrer (1): « La repubblica fiorentina, die’ egli, nel MDXXX ha » pagalo colla propria caduta il tirar più in lungo il giudizio di » Malalesta Baglione, che i più affezionati alla patria avevano a » traditore nel loro secreto e che tale fu tenuto anche dagli storici » più avvisati, poiché la morte del Ferrucci e la rolla di Gavimtna » diedero agio di Scoprirsi ai ribaldo. » Ora, dove sono gli argomenti del Cibrario, i quali valgano non che a negare, nemmeno a render dubbia la fede dei solenni ed irrefragabili documenti, che noi abbiamo nei libri autentici delle nostre antiche magistrature? Egli alla fin fine non reca in mezzo a negarli verun altro argomento fuorché la sua sola ignoranza: l’ignoranza, cioè, delle circostanze e dei fatti d’ altronde attestali dalle deposizioni dei testimoni ed espressi nelle scritture lette dinanzi al consesso. E cotesta sua ignoranza potrà ella mai bastare a negar 1’ esistenza di quelle circostanze e di quei fatti, che pur • r */' • (i) Prost edite e inedite di Luigi Correr. Venezia 1846, pag. 4o4 del tom. 11.