16 “2 LIBRO XXII, CAPO VI. CAPO VI. Pace ed alleanza dei veneziani collo Sforza. La repubblica intanto aveva allontanato dal suo servigio il Michele AUcndolo, dalla cui imprudenza ed inabilità eran derivali sì gravi danni : lo aveva relegato a Treviso. I due nuovi provveditori di campo indarno avevano tentato di penetrare in Brescia colle loro genti, perchè tutta la città era circondata dalle truppe milanesi. Eransi perciò trattenuti in Verona, aspettando ivi T opportunità favorevole; ed in frattanto andavano reclutando ed ingaggiando molti soldati a generoso stipendio. E nel medesimo tempo alcuni dei condottieri dell’ esercito dello Sforza facevano secrete esibizioni ai nostri di passare al loro soldo, menando seco buon numero di cavalli e di fanti. Nè questa fu la sola sciagura che sopraggiunse allo Sforza per far cangiare aspetto alla sua fortuna : il peggio si fu, che i milanesi, ingelositi del suo ingrandimento, e sospettando, eli' egli volesse farsi padrone e duca della loro città, gli scemarono a poco a poco le forze e lo ridussero nello stato di non poter più continuare la guerra. Si vide perciò alla necessità di entrare secretamente in trattati di riconciliazione coi veneziani ; unico mezzo, per cui poter giungere a capo delle sue mire, eh' erano appunto di farsi signore di Milano. Tra i prigionieri fatti da lui nel combattimento di Caravaggio, eravi Clemente Tealdini, secretario dei provveditori di campo, cui Angelo Simonetta secretario del conte conosceva benissimo : questi lo condusse al padrone suo, acciocché si concertassero insieme sul modo di conchiudere la desiderata alleanza colla repubblica : e fu deliberato, che il Tealdini venisse a Venezia a farne parola al senato e domandasse chela Signoria deputasse a questo affare Jacopo Antonio Marcello, uomo conosciuto dal conte, ovvero il procuratore Pasquale Malipiero. Assai di buon grado vi acconsentì il