ANNO 1450. 179 CAPO XII. Discussioni ilei senato circa la guerra dell’Italia. Le cose della Lombardia parevano ridotte alla tranquillila dopo la vittoria sui milanesi, ottenuta dal conte Francesco Sforza divenuto duca e signore di quella città; e lanlo più parevano calmale, perche il nuovo duca affettava amicizia ed attaccamento alla repubblica nostra. Nè agl’interessi di questa avrebbe convenuto il progredire più innanzi colla guerra colà, mentre la crescente possanza dei turchi ne minacciava i possedimenti nel Levante. Tullavolla la conoscenza pienissima, che si aveva, dell’ indole incostante ed ambiziosa dello Sforza, non lasciava luogo a sperare leali e sincere le attuali apparenze. Gli stessi alleati della repubblica, i quali similmente la pensavano di lui, opinavano doversi continuare la guerra finché colla forza delle armi se ne fossero depresse le mire ambiziose. Argomento di gravissima discussione in senato fu quindi,se si dovesse continuare la guerra nella terraferma d’ Italia, oppure se si avessero a trasferire tutte le forze dello stato a difesa dei possedimenti nel Levante ed a soccorso dei principi cristiani, esposti continuamente alle molestie ed agli insulti dei turchi. Il papa slesso Nicolò V, succeduto ad Eugenio IV, aveva cercalo di cattivarsi ■ 1’ animo della repubblica, mandando al doge, per mezzo dell’ ambasciatore veneziano Nicolò da Canale, che ritornava in patria, la spada ed il berretto; onore, che non solevasi impartire se non ai primarii sovrani. Nella quale discussione, ponderavano alcuni dei senatori sapientemente, che, invaso l’impero d’ Oriente dalle poderose forze dei barbari, la repubblica stessa, per la caduta di quella monarchia, doveva risentirne danni gravissimi nella navigazione e nel commercio ; — che se alla possanza dei turchi fosse slato aggiunto il dominio di siati si vasti, non vi sarebbe più forza bastante ad opporre un