450 LIBRO XXII, CAPO III. di Ponzo : vi egli fu sconfino, cadde prigienicro, e fu condotto a Milano. Filippo Maria Visconti lo accolse amichevolmente: gli restituì la libertà; gli offerse la sua alleanza, dichiarando di rinunziare a quella di Renato, perciocché gli dava assai da temere la potenza dei francesi, se si fossero trattenuti in Italia, e vedeva necessario il formare forte lega contro di essi per prevenirne a tempo le conseguenze. E, per far riuscire più forte la lega, distolse anche i genovesi dall’alleanza colla casa di Angiò, e destramente li trasse al partito di Alfonso d’ Aragona. Intanto gli ambasciatori napoletani, giunti in Francia, trovarono il loro principe Renato prigioniero del duca di Borgogna : perciò condussero seco, a prendere possesso del regno, in qualità di vicaria, Isabella moglie di Renato in compagnia di due teneri suoi figliuolini. Questa principessa temeva con ragione il crescente ingrandimento di Alfonso ; e perciò si volse ad implorare la protezione del pontefice Eugenio IV, il quale prontamente le spedì truppe in soccorso, e maneggiossi coi genovesi acciocché si ritirassero dalla confederazione di Alfonso. Principiò la guerra ; proseguì alquanto tempo ; Renato alfine, sciolto dalla prigionia, corse a Napoli per pigliare il possesso della sua sovranità, e, benché ne trovasse la città stretta di assedio dalle armi di Alfonso, pure potè ottenere non pochi vantaggi, sino a far credere non lontana la sua piena e perpetua sicurezza. Ma tutto a un tratto, nel 1441, mutaron faccia le cose, e sì, che Renato, vedendosi gravemente minaccialo e in pericolo, rimandò in Francia la sua famiglia, e fece proposizioni ad Alfonso di lasciarlo padrone del regno, purché assentisse ad adottare, per suo figliuolo e per suo erede al trono, il suo primogenito Giovanni. Non volle Alfonso accettare veruna proposizione : strinse anzi di più duro assedio la città, cui finalmente con la forza delle armi espugnò. Renato allora, ridotto alla disperazione, fuggì dal regno con due navi genovesi e ritornò in Francia ; ed allora Alfonso d’Aragona rimase libero e tranquillo signore della sovranità di quel regno, a cui accoppiò quello altresì di