352 LIBRO XXXII, CAPO XII. dei giganti, costruita sotto il dogato di Agostino Barbarigo, le due statue colossali di Marte e di Nettuno, a simbolo della potenza terrestre e marittima della repubblica, le quali lavorò Jacopo San-sovino, nel 1554, e due anni dopo collocò al loro posto. Lavoro di questo secolo e dell’ ingegno del Sansovino fu similmente la loggetta, che sta appiedi del grandioso campanile, di rimpetto alla porta principale del palazzo ducale. L’ odierna fu sostituita ad altra, che nel 1489 era stata distrutta da un fulmine. In essa per decreto del Consiglio dei Dieci, del dì 20 settembre 1569, dovevano trattenersi i tre procuratori di san Marco, ogni qualvolta si radunasse il Maggior Consiglio, come a guardia del palazzo ducale. Anche l’odierno edifizio della Zecca è opera di questo medesimo secolo. La fabbrica innalzata ai tempi del doge Pietro Ba-doaro circa il 950, era ridotta a deperimento; e perciò per decreto del senato fu ripiantata nel 1535, quale oggidì la si vede. Per costruirla furono invitati i miglior architetti, acciocché ne modellassero 1’ edifizio; e tra tutti fu preferito quello di Jacopo Sansovino. Ne fa la descrizione colle seguenti parole T erudito Zanotto (1) : • Precede un piccolo atrio, opera di Vincenzo Sca-» mozzi, in linea al quale ricorre una galleria, che separa in due » parti il fabbricato, ed alla cui opposta estremità corrisponde » l’ingresso sull’acqua. I tre piani dell’edifizio furono distribuiti » con bell’ordine e comodo, acciocché vi fossero tutti i luoghi » convenevoli per la depurazione e riduzione dei tre metalli in » monete, per gli uffizi del magistrato e dei varii ministri e per la » custodia dello stesso denaro, che, a dir del Vasari, non eravi in » luogo nessuno un erario tanto bene ordinato, nè con maggiore for-» tezza di questo ( nella Vita di Jacopo Sansovino ). E ben dice il » Selva, illustratore di questo edifizio nell’ opera delle Fabbriche, » aversi prefisso il Sansovino d’imprimere, nella decorazione di (i) Venezia e le sue lagune, pari. II, del voi il, pag. 365.