96 LIBRO XXIX, CAPO XXXI. Intanto Garlo V, unendosi a tutti gli altri principi cristiani nell’ afflizione per la cattività del pontefice, ordinava pubbliche processioni per implorare la misericordia di Dio a far cessare tanti mali della Chiesa: manifestava il più profondo rammarico per la desolazione della santa città e per la prigionia del capo dei pastori. Rendeva pubblico con un editto il suo sommo dolore, ed attestava, che avrebbe preferito l’intiera sconfitta della sua armata, piutto-stochè vederla usare sì male della vittoria ; che tuttociò era accaduto, non solamente senza il suo assenso, ma contro i suoi ordini; che dal canto suo erasi sempre adoperato per procurare la pace dell’Italia e dell’Europa; che voleva, ormai che il male era stato fatto, accorrervi a lutto suo potere per apportarne gli opportuni rimedii. A queste parole per altro non corrispondevano i falli, perchè 1’ assedio del castello Sant’ Angelo continuava tuttavia ; il papa rimaneva sempre nella schiavitù ; le truppe imperiali, non che fossero ritirate da Roma, aspettavano nuovi rinforzi. I veneziani, fermi nella loro risoluzione, tentavano ogni mezzo per rimediare ai mali presenti e prevenirne i futuri. Equipaggiarono una grande flotta, con cui attaccare le piazze marittime della Puglia; ottennero dal re di Francia il denaro convenuto per una leva di diecimila svizzeri: gli proposero un'altra leva di diecimila fanli a spese comuni : mandarono diecimila ducati a Francesco Sforza per ajutarlo a provvedere ai bisogni della sua piccola armata : presero a loro stipendio i migliori uffiziali di quel tempo, e tra gli altri il conte di Cajazzo ed il marchese Pallavicini ; spedirono un grosso distaccamento nella Romagna per proteggere le piazze di quella provincia e posero guarnigione in Ravenna ed in Cervia. E tuttociò disponevano nel mentre, che Sigismondo Mala-tesla toglieva al papa la città di Rimini ed il duca di Ferrara s’impadroniva di Modena, e che i fiorentini rivoltatisi contro la famiglia de’Medici atterravano le statue di Leone X e di Clemente VII e ristabilivano il governo repubblicano.