124 LIBRO XXIX, CAPO XLIV. potevano i veneziani essere leali verso l’imperatore, mentre la loro amicizia con la Porta non era conciliabile colle molestie, che le armi imperiali portavano a quello stato. La finezza di questo maneggio tendeva a far sì, che i veneziani, resi sospetti a Solimano II ed a Carlo V, si riducessero ad avere nemico o l'uno o 1' altro di loro, e forse ambidue, e si trovassero quindi nella necessità di gittarsi in braccio alla Francia. Ma la scaltrezza della corte di Francia rimase vinta dalla saggezza e prudenza della politica veneziana : imperciocché seppe destramente dissipare gli effetti delle insinuazioni francesi, senza inimicarsi quel re. L’ ambasciatore veneto, ch’era in Costantinopoli, potè assicurare la repubblica contro i mali uffizii, eh’ eranlestati procurati presso il sultano; ed anzi ne continuò così tranquilla 1’ amicizia, che Solimano II, riuscito vincitore sul re di Persia, mandò notizia al senato veneziano, siccome a potenza amica, del saccheggio fatto in Tauris, e della conquista ottenuta di Babilonia. Neppure coll’imperatore fu turbata l’armonia e l’alleanza. I successi prosperi delle sue armi nell’ Africa furono sentiti in Venezia con assai di godimento. Carlo V passò a Napoli, ove si trattenne gran parte dell’ inverno 1555, e celebrò le nozze di Margherita d’ Austria, sua figliuola naturale, con Alessandro de’ Medici. Colà tutti i principi dell’ Italia gli mandarono ambasciatori a congratularsene : la repubblica nostra gli e ne mandò tre, Marco Foscari, Giovanni Dolfin e Vincenzo Grimani. CAPO XLIV. Nuovi maneggi del re di Francia per l’ acquisto del ducato di Milano. Morì in questo frattempo, senza lasciar successione, Francesco Sforza, L'amministrazione dello stato fu confidata dal consiglio di Milano ad Antonio di Leva. La vedova andò a Napoli presso